È la sicurezza informatica la tecnologia digitale più diffusa tra le aziende italiane attive nell’alimentare: ben il 47% di esse dichiara, infatti, di averla già adottata all’interno delle proprie funzioni aziendali. Seguono il cloud e l’IoT, implementate dal 21% e dal 15% delle aziende alimentari di medio-grandi dimensioni, mentre big data e robotica collaborativa coinvolgono rispettivamente il 12% e il 10% delle aziende. Molto meno diffuse risultano invece le tecnologie della realtà aumentata e della manifattura additiva. In generale, gli investimenti correlati a Industria 4.0 all’interno della filiera agroindustriale italiana sono dunque principalmente legati a meccanismi di difesa delle proprietà intellettuali e dei dati aziendali (cyber-security e cloud). È quanto emerge da una ricerca effettuata da Nomisma e Fondazione Metes sulla diffusione e l’implementazione delle tecnologie all’interno del settore agroindustriale italiano. L'indagine è stata presentata durante il convegno di oggi (6 aprile) organizzato dalla Flai presso la sede della Cgil nazionale. "Bene le innovazioni, ma il nostro obiettivo è non lasciare indietro nessuno: bisogna puntare sulla formazione e sulla contrattazione inclusiva nella filiera", ha ricordato Ivana Galli, segretario generale della categoria, presentando l'iniziativa in questa intervista.

L’indagine ha coinvolto un panel di 200 aziende di medio-grandi dimensioni (fatturato superiore a 10 milioni di euro). Il 57% di esse ha già introdotto tecnologie digitali abilitanti Industria 4.0 all’interno del proprio processo produttivo (imprese cosiddette adopter). Al contrario, la restante quota (43%) non ha ancora implementato alcun processo di trasformazione digitale (no adopter): nello specifico, il 10% dichiara di essere in fase di progettazione o valutazione, circa un’azienda su cinque non ha ancora affrontato il tema e il 14% afferma di non essere interessato all’implementazione delle tecnologie di Industria 4.0

I principali benefici che le aziende affermano di aver tratto dall’adozione delle diverse tecnologie abilitanti la trasformazione in chiave 4.0 sono la riduzione dei costi di produzione (segnalata dal 56% delle imprese adopter), il miglioramento della produttività (46%) e l’aumento delle informazioni relative al processo produttivo (41%). Solo una quota minore degli adopter dichiara di aver riscontrato a seguito dell’implementazione delle tecnologie abilitanti Industria 4.0 anche benefici inerenti la gamma dei prodotti offerti: si pensi al miglioramento della loro qualità (12%) oppure alla loro personalizzazione (7%).

Spostando l’attenzione sugli ostacoli, dall’analisi emerge innanzitutto come la mancanza di competenze professionali in azienda rappresenti uno dei principali vincoli all’implementazione delle tecnologie abilitanti Industria 4.0 tra le imprese adopter (39%). Ciò lascia presagire come nei prossimi anni nella filiera agroindustriale italiana si assisterà a un incremento della domanda di lavoratori qualificati e specializzati che potrà essere soddisfatta sia mediante l’assunzione di nuovo personale che attraverso la formazione e la riqualificazione delle risorse umane già impiegate in azienda; a tale ultimo proposito, si noti come circa un’azienda adopter su dieci dichiara che l’adozione di Industria 4.0 ha portato a una riqualificazione del capitale umano impiegato in azienda. Altri fattori che limitano l’implementazione della trasformazione digitale in azienda sono da ricondurre alle caratteristiche del settore di attività che non si presta molto alle tecnologie di Industria 4.0 (38% degli adopter), all’insufficienza delle risorse finanziarie (29%) e alla difficoltà di reperire informazioni sulle tecnologie 4.0 (22%).

Spostando l’attenzione sul grado di conoscenza del paradigma produttivo di Industria 4.0, dall’indagine emerge come il tema sia ancora decisamente poco familiare tra le imprese della filiera agroindustriale, siano esse adopter che no adopter: nonostante i primi siano più informati dei secondi, ben il 42% delle aziende che ha già adottato tecnologie digitali dichiara, infatti, di essere poco informato sulla quarta rivoluzione industriale e l’8% afferma di non saperne nulla; la quota di aziende che dichiarano di non aver nessuna conoscenza dell’argomento sale addirittura al 36% tra i no adopter.

Un altro elemento oggetto di indagine è stata la propensione agli investimenti: a prescindere dal livello di conoscenza del paradigma Industria 4.0, la quasi totalità delle aziende adopter dichiara di avere intenzione di investire nei prossimi anni in tecnologie digitali e innovazione e ben il 79% pensa che utilizzerà gli incentivi previsti dal piano nazionale Industria 4.0 per supportare tali investimenti. La quota delle aziende propense a investire in innovazione e tecnologie scende al 72% tra i no adopter così come la percentuale di coloro che intende usufruire delle misure di supporto del piano nazionale (64%). (mm)