Qualche anno fa Mario Dondero venne da noi in Edit.Coop perché lo avevamo incaricato di illustrare con le sue foto un volume su Di Vittorio. Mario rimase in redazione per diversi giorni, per capire l’aura del luogo, per cogliere il “genius loci” e il carattere delle persone che vi lavoravano. Entrava bussando timidamente nelle stanze dei redattori e degli impiegati, e iniziava a parlare con tutti, oppure si limitava a guardare le persone chine sui loro computer, seduto in un angolo per non disturbare. Molti non sapevano neppure chi fosse, però trovavano del tutto naturale che lui fosse lì. Poi, l’ultimo giorno, Mario ha scattato una foto a tutto il gruppo di lavoro, disponendolo nella scala interna dell’edificio di via dei Frentani in modo da dare profondità all’immagine, nonostante lo spazio ristretto, e includere tutti nell’inquadratura ripresa dall’alto.

La cosa straordinaria di quella foto, che ora è esposta nel corridoio della redazione di Rassegna, è che tutti sorridono, nessuno resta in disparte o in un cono d’ombra, e tutti sembrano tendere verso un obiettivo comune. Se poi si guardano le espressioni e i volti delle persone si può cogliere il tratto che denota la personalità di ciascuno. Ma si può anche cogliere lo spirito collettivo, il carattere, la “missione” di quel gruppo di lavoro. Questa stessa magia era presente in molte delle sue foto esposte lo scorso anno alle Terme di Diocleziano. Ce ne erano di persone famose, di attori, di artisti e di gente comune, ma anche di luoghi, di gruppi, di situazioni. Dondero è stato un testimone e un protagonista del nostro tempo, uno dei più efficaci in assoluto se si pensa allo strumento che aveva scelto per illustrarlo. Uno strumento non facile, che richiede competenze tecniche, intraprendenza, una grande capacità di improvvisare, una certa dose di fortuna. Ma anche originalità e coraggio, se non vuoi che le tue foto lascino il tempo che trovano.

A proposito di coraggio, vale la pena ricordare una sua recente dichiarazione. Lui, come si sa, prediligeva il bianco e nero. E in particolare le sue foto di guerra nei posti più pericolosi del mondo sono tutte in bianco e nero. “Come puoi fotografare a colori una cosa oscena come la guerra?”, diceva, lui che di guerre ne aveva viste tante. Il bello è che Mario Dondero, pur avendo contribuito con il suo lavoro a illustrare il mondo nei suoi aspetti migliori e in quelli peggiori, e quindi in qualche modo a cambiarlo, nei contatti con le persone non aveva l’approccio di uno che ne ha viste di tutti i colori, né un approccio per così dire ideologico, finalizzato a un obiettivo o appesantito da un pregiudizio. Tu non eri pregiudizialmente buono o cattivo, eri soltanto uno che lo incuriosiva e lo interessava, e non perché eri nero o eri bianco, non perché eri una grande attrice, un poeta o uno scrittore famoso, un giornalista, un altro fotografo, un soldato, un artista o una persona qualunque. Ma soltanto perché eri una persona, un essere umano come era lui