PHOTO
La vicenda Ilva non finisce mai. Su 14 mila lavoratori a livello nazionale la nuova proprietà ne garantisce 10 mila. E gli altri? Genova trema e reagisce. Dopo le giornate di sciopero delle scorse settimane, ancora una protesta. Nell’assemblea della mattinata di ieri (6 novembre) i lavoratori hanno deciso l’occupazione della fabbrica e tre giorni di sciopero, fino a mercoledì, giornata in cui il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti sarà a Roma per incontrare il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda.
“Stare lontani dalla famiglia è dura, soprattutto quando si hanno dei figli piccoli, ma le famiglie ci sostengono, perché sanno che da questa lotta deriva il nostro futuro”. Così Adriano, operaio Ilva di Cornigliano, racconta queste prime giornate di mobilitazione. “Abbiamo chiesto un tavolo per Genova, perché nel 2005 abbiamo firmato un accordo di programma con il governo, vari ministeri, l’autorità portuale e gli enti locali. Quello che chiediamo è semplicemente il rispetto dei patti”. Adriano è determinato quando sostiene che la mobilitazione andrà avanti a oltranza, finché la specificità genovese non sarà riconosciuta.
Una specificità che va avanti dal 2005, ossia da quando è stato spento l’altoforno ed è stato siglato il patto per la città, riportato nell’accordo, nel quale venivano garantiti i livelli occupazionali e investimenti in grado di assicurare il futuro produttivo della fabbrica. Con quel patto venivano restituite a Genova importanti aree finalizzate a realizzare infrastrutture e opere pubbliche, nonché a migliorare la vivibilità di tutto un quartiere.
“In tutti questi anni quell’accordo ci ha permesso di vivere con i lavori di pubblica utilità e di mantenere il nostro reddito. Certo, non si vive bene in cassa integrazione, però siamo riusciti a mantenere alta l’attenzione su questa vicenda che sembra non finire mai. Noi, comunque, non molliamo”. Mercoledì 8, quando i lavoratori saranno giunti al loro terzo giorno di sciopero, il presidente Toti incontrerà il ministro Calenda. Adriano lo giudica “un gesto positivo”. “Mi auguro che chiarisca determinati punti e che chieda al governo di avere un tavolo per Genova”.
Da ieri sera i lavoratori sono rimasti a dormire in fabbrica, mentre il corteo previsto per oggi (per ribadire che “i patti vanno rispettati”) non c’è stato, anche se il presidio davanti allo stabilimento è stato confermato. Intanto, si moltiplicano i gesti di solidarietà nei confronti degli occupanti, che danno coraggio e soprattutto energie sotto forma di pizze gentilmente offerte da un locale cittadino. Ieri notte sono state utili a rendere meno dura l’occupazione in fabbrica. Oggi si ricomincia.