Indurre ArcelorMittal a restare a Taranto, con strumenti come lo scudo penale, un pacchetto di ammortizzatori sociali per oltre duemila lavoratori, uno sconto sugli affitti e anche la possibilità di un ingresso di Cassa depositi e prestiti nell'azionariato. Sarebbe questo l'estremo tentativo che il governo si prepara a fare per l'ex Ilva, mentre i sindacati chiedono alla multinazionale il rispetto degli impegni e assicurano che i lavoratori si rifiuteranno di spegnere gli altiforni. Nella mattinata di oggi (lunedì 18 novembre), alle ore 11, nello stabilimento tarantino è previsto un Consiglio di fabbrica, allargato ai delegati delle imprese dell'indotto, che deciderà le forme della mobilitazione dei prossimi giorni.

In serata, alle ore 19.30, i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil (Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo) saranno ricevuti al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per affrontare la questione dell'ex Ilva e in generale delle crisi industriali.

Il premier Giuseppe Conte dovrebbe vedere i vertici dell'azienda franco-indiana in settimana, ma una data ufficiale ancora non c’è. A Palazzo Chigi le bocche sono cucite: si sta vagliando ogni aspetto del dossier e il tavolo ci sarà quando il premier, spiegano fonti governative, avrà ogni elemento. Ma più di un ministro si dice convinto che con ArcelorMittal non ci sia altra via che quella giudiziaria. Se così fosse, entrerebbe in campo il "piano B", per evitare che gli altiforni vengano spenti e la produzione fermata. E l'unico "piano B" possibile è una nazionalizzazione ponte delle acciaierie, nell'attesa di trovare un nuovo acquirente.

“Se passa l'idea che fai gli accordi, partecipi a gare pubbliche, firmi accordi di fronte al governo e poi te ne puoi sbattere e li puoi disapplicare, siamo alla barbarie, non è accettabile per nessuno”. Così il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: “Il Paese sia compatto su Ilva, perché non possiamo permetterci di perdere l'industria dell'acciaio. Se vogliamo restare un Paese manifatturiero e industriale e fare anche nuovi prodotti ambientalmente sostenibili, abbiamo bisogno di avere un'industria dell'acciaio degna di questo nome”.

Riguardo lo scudo penale, Landini osserva che “quando abbiamo fatto l'accordo lo scudo penale c'era, era stato ripristinato il 3 settembre di quest'anno con un decreto. Noi abbiamo sempre detto che rispettare gli accordi vuol dire farlo in tutte le sue parti”. Il segretario generale della Cgil rileva, però, che “ArcelorMittal ha dichiarato che vuole comunque cambiare il piano industriale, quindi oggi il problema è rispettare quel piano industriale che prevedeva anche lo scudo. Il governo dovrebbe avere meno timori nel dire che è pronto a ripristinare anche lo scudo. È stato un errore cambiare un provvedimento che aveva già fatto, ma questo non toglie le responsabilità gravissime di ArcelorMittal”.

Tornando all’ipotesi della nazionalizzazione ponte, in questi giorni il governo incontrerà i consulenti di Ernst&Young che hanno lavorato all'acquisto di British Steel da parte dei cinesi di Jingye: solo un colloquio interlocutorio, ma alimenta le suggestioni di chi indica proprio in un azionista cinese una possibile soluzione. L'iter sarebbe però tutt'altro che semplice. Da un lato c'è il rischio che la nazionalizzazione, sia pure temporanea, porti a una procedura d'infrazione europea. Dall'altro c'è da individuare il management che gestisca la transizione e poi dare tempo alla cordata (anche in questo caso si ipotizza un ingresso di Cassa depositi e prestiti) di formarsi.

“L'unica soluzione realmente percorribile è che chi ha vinto rimanga: la gara è durata tre anni, la cosa fondamentale e che ArcelorMittal rispetti il contratto e i suoi impegni con un accordo sindacale che è vincolante”. A dirlo è Francesca Re David, segretaria generale della Fiom Cgil, sottolineando che “i lavoratori di Taranto si rifiuteranno di spegnere gli altiforni: si tratterà di uno sciopero a rovescio, con i lavoratori che non lasceranno il posto di lavoro”. L’esponente sindacale evidenzia anche che “lo spegnimento provocherebbe un danno, mentre in caso di una riconsegna ArcelorMittal dovrebbe restituire lo stabilimento nelle stesse condizioni nelle quali lo ha ricevuto. Insomma, mi sembra fuori dalla realtà che si possa rimettere in discussione tutto”.