Dopo che nel mese di novembre 2011, in sede di coordinamento nazionale, il Gruppo italiano vini (Giv) aveva assicurato il sindacato sulla volontà di avviare un confronto per rinnovare l’integrativo di gruppo, scaduto a dicembre 2011, e dopo la conseguente presentazione della piattaforma da parte di Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil, il Giv si rimangia la parola e contravviene a quanto concordato. Lo fa con una lettera che rifiuta il confronto e annuncia una riorganizzazione nel gruppo con conseguente esubero di personale. Tutto ci ò dopo aver chiuso tre mesi fa lo stabilimento di Tor Vergata a Roma.

Nei giorni scorsi si sono tenute assemblee in alcuni luoghi di lavoro. “La preoccupazione fra i lavoratori è grande – dichiara Giovanni Mininni, segretario nazionale Flai – perché non si hanno più certezze sul futuro. Questo gruppo faceva delle relazioni sindacali un valore aggiunto nel rapporto con i lavoratori. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a notevoli peggioramenti nelle relazioni, fino ad arrivare alla fredda lettera che ci comunicava gli esuberi e si rimangiava l’accordo sul rinnovo dell’integrativo di gruppo”.

“Crediamo che la continua necessità del Giv di fare operazioni di riduzione dei costi del lavoro, associata alla vendita degli immobili, possa voler significare qualcosa di molto pericoloso per il futuro di questo gruppo – prosegue Mininni –. Stiamo parlando del primo gruppo italiano sia per fatturato che per numero di dipendenti ed è impensabile che si possano maturare scelte di tale importanza che ricadono tutte sui lavoratori senza che nessuno si assuma responsabilità”.

Nei prossimi giorni è convocata una riunione tra le segreterie nazionali del sindacato, tutte le Rsu e le segreterie provinciali. “In quella sede – conclude Mininni – assumeremo tutte le decisioni utili a rivendicare i giusti diritti dei lavoratori, con il principio che la ricchezza prodotta dall’azienda deve essere distribuita anche ai lavoratori, e decideremo quali misure intraprendere contro la minaccia di nuove inaccettabili ristrutturazioni. Responsabilità sociale, redistribuzione della ricchezza prodotta e rispetto per le persone/lavoratori dovrebbero essere, a maggior ragione in un’azienda controllata da una cooperativa, tre capisaldi di assoluto valore per l’azienda stessa. Evidentemente non è così”.