Resta fitto il mistero sulla sorte di Italcementi, almeno per i sindacati. Sul colosso italiano acquistato dalla tedesca Heidelberg Cement, infatti, non si hanno notizie dall'apertura del tavolo al Ministero dello sviluppo economico, cioè dal 16 settembre scorso. E i sindacati edili, a sei mesi da quella data, lanciano l'allarme.   

“Sono passati mesi ma, purtroppo, ad oggi non abbiamo alcuna notizia da parte del governo su quanto sta accadendo nel gruppo, e siamo ancora in attesa di una risposta del Ministro Guidi alla nostra richiesta di essere ricevuti”, fanno sapere Feneal, Filca e Fillea, che in una nota congiunta ripercorrono l'intera, complessa vicenda del gruppo italiuano.


Nel primo incontro al Mise, i sindacati presentarono alcune proposte per il rilancio di Italcementi nel contesto mondiale, con l'obiettivo di salvaguardare i livelli occupazionali. Quelle proposte furono apprezzate, sia dall'azienda che dal Ministero, che s'impegnò a sollecitare una risposta da Heidelberg sul futuro della sede di Bergamo e dei siti produttivi.


Il 28 ottobre 2015, poi, il ministro ha incontrato l’amministratore delegato di Heidelberg, Bernd Scheifele, chiedendogli “il mantenimento in Italia di una forte presenza del gruppo e auspicando un rafforzamento. Entro lo scorso gennaio il Mise avrebbe dovuto avere un nuovo incontro con Heidelberg e aggiornare i sindacati, “ma ad oggi - continua la nota - non abbiamo ancora notizie”.

Feneal, Filca e Fillea si domandano quindi cos stia accadendo: “Dobbiamo chiederci se il governo ritenga ancora di dover essere parte attiva sulla vicenda Italcementi? Se non si interviene, il rischio vero è che l’acquisizione impoverisca il nostro paese di asset immateriali. Ci riferiamo alle numerose professionalità presenti a tutti i livelli.”

Sembrerebbe che Heidelberg ed Italcementi stiano infatti portando avanti, fin dall’inizio, una riorganizzazione del gruppo il cui obiettivo finale sia ben diverso da quello che è stato presentato al Ministero del Lavoro il 3 dicembre scorso, e i posti di lavoro in pericolo sarebbero 2.350.

Le domande dei sindacati, però, non finiscono qui: “Chi sta assumendo queste decisioni? E in virtù di cosa? Si tratta di una scelta di Italcementi? Di una scelta fatta per conto della futura società, o degli accordi presi al momento della vendita?”. 

In tutto questo, il governo rischia di giocare un ruolo da spettatore. “Ci spieghi cosa vuole fare e ci riceva”, concludono i sindacati, che infine avvertono: “non assisteranno passivamente a eventuali scelte che dovessero incidere negativamente sui livelli occupazionali e sulle professionalità patrimonio del gruppo italiano”.