"Pesantemente in ritardo nel riassetto, senza soldi e con lo spettro del default finanziario. Sono le province che la riforma Delrio ha trasformato in enti di secondo livello, quindi non più elettivi, ma per le quali la politica non ha ancora indicato come dovranno essere riorganizzate, chi dovrà svolgere le loro funzioni, con quali soldi e che fine faranno i loro dipendenti". Così, in una nota unitaria, i sindacati del pubblico impiego della Toscana.

"Nella nostra regione si parla di 4.500 persone che hanno proclamato lo stato di agitazione, perché la fine dell’anno, scadenza per il riassetto, è ormai vicina, ma solo oggi dovrebbero iniziare i lavori dell’Osservatorio regionale (composto da regione, Anci, Upi, presidenti delle province e sindaco della città metropolitana) che dovrà sciogliere l’intricato nodo. Intanto, però, una certezza c’è: 132 milioni di tagli per il 2015, per effetto della bozza della legge di Stabilità (96 milioni) e dei tagli già decisi dal governo nei mesi scorsi (36 mln); il 38% delle spese correnti, quelle cioè che consentono di erogare servizi ai cittadini", prosegue il comunicato sindacale.

"Tante, infatti, sono le competenze delle province, dai trasporti locali ai centri per l’impiego, dalla rete stradale provinciale (9.800 km nella nostra regione) all’edilizia scolastica per le superiori (450 edifici in Toscana), dalla polizia provinciale alla tutela dell’ambiente, con la delicatissima partita dell’assetto idrogeologico, che la cronaca di questi giorni ci ricorda quanto sia importante", aggiungono le organizzazioni della funzione pubblica regionale.

Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa della Toscana hanno lanciato oggi la mobilitazione, con una serie di assemblee, presidi e volantinaggi (con un corteo a Grosseto) e una conferenza stampa in cui i segretari regionali Debora Giomi (Cgil), Marco Bucci (Cisl) e Paolo Becattini (Uil) hanno denunciato la situazione. "Che è di grandissima gravità – hanno detto i tre dirigenti sindacali –, per effetto dei ritardi nell’attuare la riforma e dei tagli draconiani della legge di Stabilità: in Italia, 1 miliardo nel 2015, 2 nel 2016, 3 nel 2017. Tagli che rischiano paradossalmente di far fallire per mancanza di risorse proprio la riforma Delrio. E che, stando così le cose, porterebbero le province diritte al dissesto finanziario. Non vogliamo frenare la riforma, anzi, ma per realizzarla davvero bisogna che la politica si assuma la responsabilità dei provvedimenti che le diano gambe e braccia, che, ad oggi, non ci sono. I lavoratori finora sono stati fin troppo responsabili, anche grazie ai sindacati che hanno accettato la sfida della riforma e si sono resi disponibili al confronto. Ma il tempo passa e la politica, in primo luogo nazionale, dopo aver messo in mare questa barca, non ha trovato ancora i remi per spingerla”.

Perciò, i sindacati lanciano due forti appelli: al governo, perché riveda i tagli della legge di Stabilità e alla politica tutta, nazionale, regionale e comunale, perché porti a compimento la riforma delle province, che è stata annunciata, ma che è ancora a metà del guado.