Cresce la mobilitazione sindacale all’Eni, finalizzata a contrastare la prospettiva di un forte ridimensionamento del gruppo in Italia. Domani, 10 febbraio, si terranno le assise unitarie dei delegati Eni di Filctem, Femca e Uiltec, a sostegno dello sciopero generale di otto ore di tutto il gruppo, in programma il 19 febbraio, con la manifestazione nazionale che si svolgerà a Roma.   

Le tre sigle hanno invitato a partecipare all’iniziativa di domani anche i presidenti delle regioni e i sindaci dei comuni interessati, “per poter contare su un possibile e politicamente importante allineamento istituzionale fra tutte le realtà interessate, al fine di riuscire a coinvolgere fattivamente il Governo nel cambiamento di un piano Eni che noi consideriamo scellerato”.

“La strategia del colosso dell’energia è ormai chiara: consolidare ed estendere la propria attività al di fuori dal nostro Paese, concentrando il core business del suo fatturato prevalentemente all’estero, ridimensionando, nel contempo, il perimetro delle attività domestiche – affermano i sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil –. Da mesi, siamo impegnati a contrastare tale progetto di destrutturazione delle attività presenti sul territorio nazionale. Per noi, è evidente il pericolo di depauperamento economico, ma anche ambientale, che un tale progetto provocherebbe nei siti e nei territori in cui oggi esiste una presenza industriale del gruppo in Italia”.  

“Dal 1953 – proseguono le tre sigle –, Eni rappresenta un patrimonio di capacità industriale ed economica, di competenza professionale, di conoscenza tecnologica, sia in innovazione materiale che nei processi produttivi, che il nostro Paese non può perdere, ed è anche portatore di grandi responsabilità, in materia di recupero di compatibilità ambientali: tutto questo non può essere delegato a soggetti diversi dalla gestione pubblica dello Stato”.

Il disegno di Eni resta sostanzialmente quello prospettato dai vertici del gruppo nel 2015: dismissione della chimica e di Gela, progressiva riduzione della capacità di raffinazione, cessione di Saipem e di Gas&Power. “In tal modo – aggiungono i sindacati –, Eni presenta interamente il conto della caduta del prezzo del petrolio al proprio Paese, incoraggiato anche dal tumultuoso e contradditorio dibattito sulle trivellazioni”.

“Di recente – osservano ancora i confederali –, abbiamo illustrato al ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, le ragioni per le quali contrastiamo la cessione del 70% di Versalis al fondo americano SK capital. Si tratta di un fondo che non ha la forza necessaria per sostenere l’acquisizione di Versalis, che, a sua volta, rischia di finire indebitata e spezzettata, chiudendo una pagina importante, un pezzo di storia della chimica e dell’industria nazionale”.

“Attendiamo una nuova convocazione dal Mise – concludono le tre organizzazioni –, e ribadiamo la necessità di garantire, attraverso la partecipazione del fondo investimenti della Cassa depositi e prestiti, la presenza pubblica maggioritaria in Versalis. La chimica ha una redditività di medio e lungo periodo, ed ha bisogno di investimenti e ammodernamenti: un fondo delle dimensioni e delle caratteristiche di Sk capital non può garantire la prosecuzione dell’attività del settore”.