L’incalzare di un nuovo ciclo di globalizzazione economica ha drammatizzato gli interrogativi sul futuro delle relazioni industriali. Non è in gioco solo il superamento delle zone d’ombra e dei deficit regolativi propri dell’esperienza italiana, aspetto pure importante. È in gioco l’impianto consolidato che finora, nei principali paesi europei, ha permesso alle parti di plasmare i rapporti di lavoro, mediante reciproci compromessi e bilanciamenti tra le ragioni del dinamismo economico e quelle della protezione sociale.

È diventato ormai vistoso il divario tra i processi transnazionali, che operano senza confini, e i sistemi di relazioni industriali, che al contrario si sono mossi quasi esclusivamente in sicuri alvei nazionali. Per questa ragione sono venuti allo scoperto i rischi che riguardano lo spiazzamento degli strumenti contrattuali classici, e in particolare dei contratti nazionali, oltre che quelli relativi a un progressivo abbassamento delle tutele acquisite nei decenni passati. Un aspetto preoccupante, specie se sommato all’aumento di insicurezza di una parte significativa di mondo del lavoro.

Ma ci sono altre questioni da mettere a fuoco. Innanzitutto il ruolo delle relazioni industriali nell’incrementare la competitività del sistema economico, avendo chiaro che il lavoro non può essere considerato una variabile solo dipendente e adattabile all’infinito. In secondo luogo l’esigenza di fare emergere sistemi di regole e assetti contrattuali di ambito sovranazionale, e in primo luogo europeo. Infine, la necessità di favorire nella realtà italiana il delinearsi di una “democrazia decidente” che aumenti la certezza nei processi decisionali e quindi rassicuri imprese e lavoro.

Un altro aspetto rilevante riguarda gli impatti di questo scenario, resi crudi nel nostro paese dalle vicende Fiat, sulle logiche e sulle caratteristiche delle organizzazioni di rappresentanza sociale, sindacali e datoriali. In particolare sarebbe utile capire se emergeranno costellazioni organizzative nuove, come quelle territoriali, che tendano a sovrapporsi e a subentrare a quelle nazionali e settoriali storicamente dominanti.

Su questo numero hanno scritto: Aris Accornero, Aldo Amoretti, Davide Antonioli, Giovanni Avonto, Lucio Baccaro, Annaflavia Bianchi, Alfonso Braga, Pietro Merli Brandini, Antonio Cantaro, Mimmo Carrieri, Gian Carlo Cerruti, Cesare Damiano, Rita Di Leo, Antonio Floridia, Selena Grimaldi, Antonio Lettieri, Angela Lobascio, Federica Morrone, Adolfo Pepe, Paolo Pini, Fabrizio Pirro, Domenico Proietti, Tarcisio Tarquini, Christer Thörnquist.

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