L’economia cresce, ma è composta di un’occupazione senza qualità. E senza stabilità: nel 2017, infatti, solo il 16 per cento delle assunzioni sono state a tempo indeterminato. Il quadro complessivo della Toscana, spiega l’Ires Cgil presentando oggi (lunedì 19 febbraio) il proprio “Focus economia” sui dati dell'ultimo trimestre dell’anno appena trascorso, non lascia molti spazi all’ottimismo. La dinamica di crescita è sicuramente positiva, raggiungendo il +1,3 per cento in termini di prodotto regionale (era dell’0,9 nel 2016), con buone performance nelle esportazioni (+4 per cento) e un rinnovato vigore degli investimenti (+3), ma non si traduce in redditi più alti e stabilità del lavoro.

Il livello delle retribuzioni da lavoro dipendente è ancora del 4 per cento in meno rispetto al 2010. Parimenti, se analizziamo le ore lavorate, il dato delle unità di lavoro è ancora inferiore del 3,2 per cento rispetto ai valori pre-crisi. Le preoccupazioni dell’Ires sono soprattutto concentrate sul “ruolo fortemente marginale del contratto a tempo indeterminato (appena il 16 per cento) rispetto all'insieme delle assunzioni, con una netta preponderanza del lavoro a termine (68 per cento)". I contratti di lavoro sono aumentati di 56 mila unità, ma è una quantità “interamente alimentata da contratti a termine, di apprendistato e di lavoro stagionale. Viceversa, il contratto a tempo indeterminato mostra un saldo negativo tra assunzioni e cessazioni pari a 24.600 posizioni".

“Il rapporto conferma le difficoltà nella stabilizzazione dei rapporti di lavoro, con una significativa impennata dei contratti a termine”. A dirlo è Mirko Lami, segretario della Cgil Toscana, precisando che questo “può dipendere dal fatto che le prospettive di crescita delle aziende non vanno oltre alcuni mesi, e queste non possono impegnarsi perché hanno problemi finanziari. Il credito inoltre cala, e tutto ciò determina un circolo vizioso”. Lami evidenzia come diminuiscano “la cassa integrazione e la Naspi: i lavoratori arrivano ora nella vera disoccupazione, perdono meno il lavoro perché lo hanno già perso”. Riguardo all'export, questo “cresce soprattutto nel tessile-abbigliamento-conciario. A Prato invece resta stabile, e questo può essere dovuto al fatto che la crescita è nel sottomercato delle griffe, che non ha valore aggiunto e non porta investimento”. Per il segretario della Cgil Toscana, dunque, occorre “invertire queste dinamiche, e dato che il Pil è uno dei più bassi in Europa, va rilanciata la spesa su investimenti e formazione”.

L'occupazione si contrae nell'industria ma torna a migliorare nell'edilizia, pur in quadro ancora fortemente distante dalla situazione pre-crisi (-16 per cento). Rallenta la crescita del terziario, mentre l'agricoltura evidenzia un decremento molto significativo (-14,3). Cala il tasso di disoccupazione, che si colloca all'8,1 per cento; cala anche la cassa integrazione, nella misura di oltre il 30 per cento rispetto al 2016 (la cig ammonta comunque a oltre 21 milioni di ore). Molto elevato, infine, è il numero delle persone che “risultano essere percettori attivi – conclude l’Ires – di prestazioni di sostegno al reddito nelle diverse modalità, a conferma di un quadro dell'economia regionale ancora affannato e fortemente contraddittorio, inserito in un contesto dell'economia nazionale molto debole e reso ancor più incerto dall'approssimarsi delle elezioni politiche”.