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Si è tenuto a Milano, l’1 e 2 ottobre scorsi, il “Forum della Cooperazione Internazionale”, voluto dal governo e, in particolare, dal ministro Riccardi, sotto lo slogan “Muovi l'Italia, cambia il mondo”. Alla grande – inaspettata, l'ha definita il ministro – partecipazione (circa 2000 persone: tutto il mondo delle Ong, ma anche imprese, enti locali e tanti studenti) e alla importante presenza istituzionale – il videomessaggio del Presidente della Repubblica, l'intervento di Monti, dei ministri Riccardi, Terzi, Grilli, il saluto, non di circostanza, del sindaco di Milano – non ha corrisposto altrettanta attenzione dei partiti e del Parlamento, che pure – anche in risposta all'avvio dei lavori preparatori del Forum – ha ripreso la discussione sulla riforma della legge 49/87, raggiungendo in commissione al Senato un'ipotesi di testo unificato a firma Mantica-Tonini.
Sui grandi media l'attenzione è stata catturata da una sola battuta del premier che, lasciando intendere l'intenzione di passare la mano alla fine della legislatura, ha gettato acqua su fuoco dei sostenitori di un “Monti bis”, e benzina sul fuoco del chiacchericcio mediatico sulle sue intenzioni per il dopo voto. Saranno i prossimi mesi a dire se l'impegno dimostrato dal ministro Riccardi porterà veramente a qualche risultato e se le aspettative che il Forum ha indubbiamente alimentato – e la “mobilitazione” delle Ong – riceveranno qualche risposta positiva, o se il tutto sarà ancora una volta ascrivibile a un qualche disegno politico (magari sulla via di Todi) piuttosto che a un reale impegno per una ripresa della credibilità e dell'iniziativa italiana nel campo della cooperazione allo sviluppo.
Alcuni elementi dal Forum si possono però evidenziare. A partire dalla stessa “asimmetria” tra il percorso preparatorio – realmente partecipato – e la gestione del Forum, dove i soggetti diffusi e plurali sono rimasti in secondo piano (a parte la possibilità di esprimersi nei 6 gruppi di lavoro del pomeriggio del 1 ottobre) rispetto ad alcuni grandi attori e ad alcuni messaggi “forti” emersi dalla “regia” dell'evento e dallo stesso “Chair's Summary” finale, redatto (forse con qualche consultazione) dallo stesso Riccardi.
Le risorse non ci sono: questo lo hanno detto tutti, a partire dai soggetti istituzionali e con la chiosa finale (l'intervento prima delle conclusioni) del ministro Grilli. E allora quale migliore “innovazione” – in nome della coerenza, del “sistema Italia”, e degli “interessi” nazionali – che dare lo spazio centrale alle imprese, trasformando senza mediazioni e condizionalità i loro investimenti, commerci, affari all'estero in uno strumento fondamentale della politica di cooperazione internazionale del paese? Non è tanto la scelta degli sponsor – ovviamente discutibile, ma non nuova per eventi del genere – quanto la decisione di far rappresentare l'intervento italiano verso l'Africa dall'amministratore delegato dell'Eni, Scaroni, a dare il segno di questa torsione.
Una tale convergenza di interessi si era vista già nell'ultima fase della gestione della cooperazione da parte della sola Direzione generale Cooperazione allo Sviluppo (Dgcs) – prima dell'avvento del ministro Riccardi – quando il “tavolo interistituzionale” era stato sostanzialmente appaltato a Confindustria. Da un lato il governo, senza risorse, spera di trovarle nelle imprese; dall'altro le imprese, che si sono viste tagliate i pochi strumenti pubblici di sostegno all'internazionalizzazione, cercano di recuperare spazio e risorse (per quanto poche) attraverso la cooperazione.
Le operazioni di “marketing” si sono succedute, su vari piani e da parte di vari soggetti. Pisapia ha candidato Milano a sede della istituenda (sempre che la legge si faccia e la preveda) “agenzia per la cooperazione”. Scaroni ha magnificato i successi dell'Eni in Africa (“di gran lunga primo produttore di petrolio nel continente”), il suo presunto approccio rispettoso dell'ownership dei diversi paesi (nel solco di Mattei...), la sua diversificazione come produttore di energia elettrica, “per contribuire allo sviluppo di questi paesi e inquinare meno”. Giuseppe Sala, amministratore delegato dell'Expo 2015, ha rivendicato il successo di avere già 100 paesi aderenti (l'obiettivo è arrivare a 130) e ha anch'esso proposto una forte sinergia tra Expo, cooperazione e internazionalizzazione delle imprese.
I nodi istituzionali-organizzativi sono rimasti aperti, confermando la posizione opposta di Riccardi (con un appoggio soft di Grilli?) per un ministero ad hoc per la cooperazione (condivisa dalla maggioranza dei partecipanti, secondo la sintesi finale di Riccardi stesso), di Terzi e di Elisabetta Belloni (Dgcs), per una competenza da parte del ministero degli Esteri.
Assente, almeno nelle plenarie, il rapporto tra cooperazione e impegno civile e umanitario e missioni militari, tema che rimane invece sul tappeto, sia per la quantità della spesa militare, rispetto ai tagli di quella per la cooperazione, sia perché il “sistema Italia”, nella concezione prevalente a livello istituzionale, include imprese e militari.
Non sono mancate, naturalmente, voci e momenti significativi. Primo fra tutti l'intervento di Rossella Urru che, oltre a portare la sua toccante testimonianza personale, ha rimesso i piedi nel piatto di una concezione “gratuita”, solidale, di vera partnership, di difesa dei diritti della cooperazione allo sviluppo, difendendo la “ricchezza delle diversità” e l'indipendenza della società civile. Così come è stata data voce al punto di vista dei migranti e della loro potenzialità come cittadini e attori di co-sviluppo.
Come è noto, lo spazio per il sindacato, su queste tematiche, è piuttosto difficile, per limiti propri, ma anche per una certa convergente indifferenza istituzionale e di molte Ong. Cgil Cisl Uil hanno partecipato abbastanza attivamente ai gruppi di lavoro preparatori e hanno diffuso, alla vigilia e all'interno del Forum stesso un proprio documento unitario. Raffaele Bonanni – invitato direttamente da Riccardi a intervenire a nome del sindacato (per inciso, il ministro non ha ritenuto utili altri interventi che pure gli erano stati prospettati) – ha preferito ripercorrere le attività di cooperazione e solidarietà della Cisl piuttosto che mettere in rilievo i nodi critici e di proposta elaborati unitariamente.
La dichiarazione finale di Riccardi assume alcuni impegni di continuità: mantenimento del Forum “virtualmente” attraverso il web; riconvocazione di una conferenza nel 2014 in occasione della presidenza italiana dell'Unione Europea (che ne dirà il prossimo governo?); indicazione nel documento di stabilità di una inversione di tendenza rispetto al continuo calo delle risorse. Ferma restando – come aveva spiegato Grilli – che rimarremo il fanalino di coda nell'Ue e nell'Ocse per la percentuale (0,12) di aiuti pubblici allo sviluppo sul Pil e che un riallineamento sarà (molto) “graduale”.
(Questa nota è condivisa dalla “delegazione” Cgil presente al Forum: Kurosh Danesh e Leopoldo Tartaglia, Cgil nazionale; Ada Assirelli, Nexus; Mercedes Landolfi, Fillea Nazionale; Lorenzo Murgia, Prosvil Toscana).