“Rappresentatività sindacale, rappresentanza in azienda ed efficacia del contratto collettivo”. È il titolo del seminario, organizzato dal dipartimento di Scienze politiche dell’Università degli studi Roma Tre, che si terrà oggi (9 febbraio) alle 14,30, in cui è prevista la partecipazione di illustri giuslavoristi, esponenti del mondo delle imprese e del sindacato. La Cgil sarà rappresentata dal segretario confederale Franco Martini con il quale Rassegna fa il punto sulla stagione contrattuale e sulle ricadute che in tale ambito la fase di deflazione e i contenuti della riforma del lavoro non mancheranno di far pesare. “Ci apprestiamo ad affrontare i prossimi rinnovi senza avere un modello condiviso di riferimento. A questo proposito, bisogna ricordare che è scaduto l'accordo separato che era in vigore dal 2009, lasciandoci scoperti in particolare sul versante dei criteri di determinazione delle rivendicazioni economiche”. 

Rassegna Martini, il mondo del lavoro deve misurarsi con la stagione dei rinnovi nel bel mezzo di una fase di grave emergenza, con il paese ancora nelle sabbie mobili della crisi…

Martini
In piena recessione, direi. Con un livello di difficoltà per il sistema delle imprese, a partire dal manifatturiero, che è senza precedenti. Questo significa che, siccome la contrattazione tradizionalmente è un processo redistributivo della ricchezza prodotta, e noi non stiamo producendo ricchezza, ci troviamo in una fase in cui a mancare è il carburante necessario per la contrattazione.

Rassegna A complicare ancora di più le cose, in tema di rinnovi contrattuali, contribuisce il Jobs Act governativo.

Martini Dopo 40 anni è la prima volta che entriamo dentro una vicenda di rinnovi contrattuali con lo Statuto dei lavoratori di fatto manomesso in quelli che sono sempre stati punti di riferimento per l'azione sindacale: mi riferisco in particolare alla preminenza del contratto a tempo indeterminato e al diritto alla reintegra. Per tutte queste ragioni, appare ovvio che la stagione contrattuale sarà investita dal tentativo, da parte sindacale, di porre un argine alle inevitabili ripercussioni negative sul mondo del lavoro del Jobs Act.

Rassegna Abbiamo ospitato nei giorni scorsi un intervento del giuslavorista Franco Scarpelli, che sostiene – in sintonia con la Cgil – proprio l’utilità di neutralizzare mediante la contrattazione gli effetti più deleteri della riforma del lavoro. Puoi spiegare con alcuni esempi come ciò può avvenire?

Martini
Il primo esempio che mi viene da fare riguarda il sistema degli appalti. Il Jobs Act interpretato alla lettera rischia di destrutturare completamente il principio fondamentale della clausola sociale, vale a dire la difesa dei posti di lavoro nei cambi di appalto, prevedendo in proposito che ogni lavoratore riparta da zero. Allora, in questo caso, noi possiamo spingere affinché la contrattazione, contrariamente a quanto il Jobs Act prevede, mantenga in vita questa norma fondamentale. Un altro esempio è quello del demansionamento, una risposta lontana mille miglia dalla necessità che abbiamo di investire sulle risorse umane mediante un processo di qualificazione. La contrattazione in questo caso può porre un argine e contribuire a individuare assieme alle imprese soluzioni che vadano in tutt’altra direzione, puntando a valorizzare il lavoro attraverso un investimento che connetta la formazione con l'inquadramento e con l'avanzamento di carriera.

Rassegna Sistema degli appalti e demansionamento. In quale altro ambito potrebbe intervenire la contrattazione?

Martini
C’è un terzo aspetto che mi preme sottolineare, che va anche oltre il Jobs Act e che riguarda tutti gli strumenti di tutela nella crisi. Sappiamo che gli ammortizzatori non solo non saranno universali, ma che addirittura la nuova Naspi ridurrà ulteriormente la copertura. Non avremo più la cassa in deroga e nemmeno i contratti di solidarietà. Ecco, io ritengo che su questo specifico versante noi dovremmo provare a immaginare delle soluzioni contrattuali originali, magari pensando di utilizzare la bilateralità attraverso interventi di sostegno alle politiche attive.

Rassegna Stai descrivendo una stagione contrattuale che sarà piena di sfide anche per il sindacato…

Martini
Una stagione importante, ma soprattutto di svolta rispetto alla tradizione, perché è ovvio che noi siamo ben oltre l'esigenza di coordinare confederalmente un’iniziativa contrattuale delle categorie. Noi dobbiamo proprio riprogettarla la contrattazione, perché rispetto ai terreni tradizionali di intervento, il salario, l'organizzazione del lavoro e l'orario, c’è bisogno di un ripensamento profondo in un'ottica strategica di natura inclusiva. Senza tralasciare il fatto che riprogettare la contrattazione impone oggi un nuovo rapporto tra contrattazione nel luogo di lavoro e contrattazione fuori del luogo di lavoro. Si pensi al terziario distributivo: lì è evidente da tempo che la possibilità di tutelare l'occupazione è legata alla capacità di contrattare regimi di orario che vadano oltre il singolo negozio, perché riguardano il sito. Così come aiutare una donna a difendere il proprio posto di lavoro, significa anche fornire servizi di sostegno alla maternità. Non più elementi di contorno per nobilitare la contrattazione tradizionale, ma leve fondamentali per poter rendere efficace l’azione sindacale.

Rassegna Un ultimo cenno al rinnovo dei chimici e al rischio che il contratto nazionale diventi, come ha denunciato la Filctem, un semplice strumento di contabilizzazione dell'inflazione. Vedi anche tu questo rischio?

Martini
Certo che lo vedo: se noi riduciamo il tutto alla determinazione del saldo, che può essere passivo o attivo a seconda dei cicli economici, è ovvio che mortifichiamo sostanzialmente quella che è la funzione della leva contrattuale. Ora, a parte la mia riprovazione nei confronti di quella parte della classe dirigente di questo paese impegnata nel dimostrare come in una fase di deflazione spinta come l’attuale la via d’uscita sia rappresentata dall’azzeramento del contratto nazionale, trovo che sia davvero paradossale che in Italia, se è vero che tutti concordano sul fatto che siamo in crisi e non abbiamo risorse, nessuno discuta di come fare in modo che il sistema economico torni a produrre ricchezza. Mai quanto oggi le politiche contrattuali debbono essere fortemente connesse con quelle di sviluppo settoriale. A questo proposito, sono convinto che il sindacato debba quanto prima lanciare una sua proposta con cui definire quali possono essere i terreni attraverso cui l'economia italiana può agganciare la ripresa.