La Confcommercio crede fortemente nel valore del contratto nazionale. “Solo con uno strumento del genere si può tenere insieme una platea di 3 milioni di addetti che lavorano in realtà aziendali molto diverse tra di loro e per le quali, anche sotto il profilo dimensionale, non sarebbero adatti accordi aziendali o territoriali”. Lo afferma con convinzione Francesco Rivolta, direttore generale dell’associazione che rappresenta 695.000 imprese del settore terziario, e che nei giorni scorsi ha firmato con i sindacati, dopo una lunga e non facile trattativa, il rinnovo del contratto di settore scaduto nel 2014. “L’altro aspetto fondamentale del contratto nazionale – aggiunge – sta nel fatto che il nostro ccnl ha un’importante e ben strutturata sezione di welfare contrattuale che altrimenti non sopravviverebbe. Si fa fatica a immaginare che istituti come l’assistenza sanitaria e la previdenza integrativa possano trovare spazio nella contrattazione di secondo livello. E in un momento di difficoltà come questo, in cui lo Stato non ha soldi e taglia soprattutto nella sanità, per i lavoratori sarebbe una grande perdita”.

Rassegna Avete dato un giudizio molto positivo del contratto appena firmato con i sindacati. Quali sono per voi gli elementi di maggior rilievo nell’intesa?

Rivalta Questo contratto segna l’abbandono definitivo degli storici contratti di settore che finora sono stati strutturati su un modello di lavoro che ormai non esiste quasi più più. Una struttura modellata sul manifatturiero con rigidità organizzative che mal si adattano al terziario. Va dato un grande riconoscimento alle organizzazioni sindacali per aver abbandonato questo modello e cercato di dare una lettura diversa e moderna di un universo  che è sempre più flessibile, delocalizzato, stagionale. Il tutto è stato tradotto in norme importanti del contratto, che vanno dallo scorrimento dell’orario alle nuove norme per le assunzioni riservate ai lavoratori in situazioni di particolare svantaggio. Insomma, una nuova cultura del lavoro che ha trovato le sue radici nel contratto.

Rassegna L'accordo arriva in una fase di crisi della rappresentanza che riguarda anche le organizzazioni imprenditoriali. Federdistribuzione, ad esempio, è da poco uscita da Confcommercio…

Rivolta Certamente, anche se vorrei sottolineare come la nostra rappresentanza, nonostante l’uscita da lei citata, continui a includere tante aziende della grande distribuzione. Si tratta quindi di una perdita per noi marginale: le “nostre” imprese contano 3 milioni di addetti, quelle di Federdistribuzione 180.000. Complessivamente abbiamo 650.000 imprese iscritte: i numeri tengono. Detto questo, siamo in una fase di ripensamento complessivo del ruolo e delle funzioni delle rappresentanze. In Confcommercio stiamo pensando a una riorganizzazione del sistema perche diventi più snello, efficiente e capace di dare risposte alle richieste sempre diverse che ci vengono dai nostri associati.

Rassegna Ad esempio?

Rivolta Aumentano le richieste su temi che riguardano internalizzazione, reti di imprese, evoluzione tecnologica. Per tornare al tema della rappresentanza e alla necessità di una sua riforma, Confcommercio ritiene che l'attuale jungla contrattuale sia inaccettabile. Non è possibile che sigle che nascono la mattina e muoiono la sera possano firmare contratti che producono dumping. È un danno per le imprese e per i lavoratori. Per questo la rappresentanza deve essere misurata e certificata, cosicché ognuno pesi per quello che effettivamente conta. Da questo punto vista è necessario dare finalmente piena attuazione all’articolo 39 della Costituzione.