“Da noi il lavoro non c’è, e tutte le persone, dai giovani disoccupati ai precari, agli ultracinquantenni licenziati, sono sempre più in sofferenza e senza prospettive. Se vogliamo cambiare davvero, puntando alla crescita e allo sviluppo, bisogna ripartire da qui, dal problema dell'occupazione nel Mezzogiorno. Ma anche nella Legge di stabilità 2016 il Sud non compare”. Così Gianni Forte, segretario generale della Cgil Puglia, stamattina ai microfoni di Italia parla, la rubrica quotidiana di RadioArticolo1 (ascolta il podcast integrale).

Il dirigente sindacale ha illustrato le proposte avanzate dalla Cgil regionale nel quadro della campagna ‘Al Sud lavoro’, che si concluderà il 13 novembre al termine di sei tappe, una per ogni provincia. “Vogliamo portare la discussione sul merito, fronteggiando tutte le diverse emergenze che abbiamo di fronte, e cioè lavoro, welfare, politica industriale e innovazione, energia, ambiente e infrastrutture, turismo e cultura, e le distorsioni che si frappongono, come precarietà, lavoro nero e sommerso. Ad esempio, prendiamo la sanità, un settore in difficoltà in tutta Italia, ma soprattutto nel Mezzogiorno. La nostra regione esce da un piano di rientro molto pesante, che ha determinato una riduzione del servizio sanitario in termini di chiusura di strutture, a partire dagli ospedali. Ora, con i nuovi tagli al fondo sanitario nazionale, la situazione è destinata a peggiorare, sotto forma di aumento della tassazione, o dei ticket, oppure di un’altra riduzione del servizio sanitario. rendendo in definitiva il sistema sociale più povero”.

“Per quanto riguarda il masterplan del Governo sui fondi strutturali – ha rilevato l’esponente Cgil –, credo che il 2016 sia l’anno giusto per sperimentare nuove forme di riorganizzazione della spesa: da questo punto di vista, Renzi fa un’operazione apprezzabile. Il problema che è che si tratta sempre delle stesse risorse, che comunque sono già a disposizione del Sud, non di fondi aggiuntivi. Noi abbiamo bisogno di investimenti, di soluzioni sul lavoro, ma lo spirito del masterplan non è la creazione di nuova occupazione, ma di arricchire la rete infrastrutturale, con opere di cui conosciamo, per il momento, solo le linee guida. Ma nel Mezzogiorno non servono grandi piani proiettati nel tempo, ma piccoli progetti che risolvano questioni urgenti nell’immediato, come il dissesto idrogeologico, la raccolta dei rifiuti, la depurazione delle acque, al fine di mettere in sicurezza il territorio”.

“La nostra campagna sta andando molto bene in termini di partecipazione e riscontri – ha aggiunto il sindacalista –. Perciò, c’è bisogno di una mobilitazione di tutte le regioni del Sud, trovando il modo di unificare la vertenzialità, fino ad arrivare a un momento di mobilitazione generale, per porre al sistema Paese l’esigenza che ha il Mezzogiorno di colmare il divario sempre più netto con il Nord. Nel marzo scorso, noi abbiamo fatto una manifestazione unitaria in Puglia, e credo che la Cgil possa ripetere l’operazione in altre regioni, ma anche a livello nazionale”.

“Concluderemo la nostra iniziativa a Taranto – ha detto ancora il leader della Cgil pugliese –, dove si parlerà in primi luogo di Ilva. Lì si viaggia su un crinale molto stretto, dopo che la Legge di stabilità ha messo in pista 800.000 euro in termini di affidabilità finanziaria: può essere una boccata di ossigeno, ma se vogliamo mantenere lo stabilimento lo dobbiamo fare guardando anche al mercato, perché se le commesse continuano a perdere, come sta avvenendo anche per responsabilità del sistema imprenditoriale italiano, vuol dire che tutti gli sforzi che si stanno facendo rischiano di essere vanificati.  Quindi, si tratta di costruire attorno all’Ilva un cordone di sicurezza che crei condizioni di stabilità, perché altrimenti spenderemo tante risorse per ambientalizzare gli impianti, ma ci ritroveremo senza mercato e senza la possibilità di produrre. Più in generale, per Taranto si tratta di guardare all’accordo di programma che riguarda investimenti sul territorio per eliminare le fonti d’inquinamento, e nel contempo, puntare a settori quali la portualità e la logistica, decisivi per la città, ma strategici anche nell’interesse generale del Paese”.

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