La Cgil, come promesso, non smobilita. Dopo la decisione della Suprema Corte di sospendere i referendum promossi per abolire le norme su voucher e appalti, la confederazione rilancia la sua sfida per i diritti. Una sfida che, come più volte ribadito in corso d’Italia, “non si concluderà finché la Carta universale non sarà legge e non avremo riscritto il diritto del lavoro nel nostro Paese”. Per questo il sindacato ha organizzato per il 6 maggio una nuova manifestazione nazionale. L’appuntamento è a Roma, in piazza San Giovanni Bosco, a partire dalle ore 14. Sul palco si alterneranno gli interventi di lavoratrici e lavoratori presentati da Natascha Lusenti e Dario Vergassola, la musica dei Med Free Orkestra, dei Modena City Ramblers e del dj Mondocane. L’iniziativa sarà conclusa dal segretario generale Susanna Camusso.

Una manifestazione un po’ diversa da quelle organizzate nel corso della sua storia dalla confederazione – spiega Tania Scacchetti, della segreteria nazionale Cgil –, perché presenta un doppio profilo: da un lato, l’aspetto celebrativo, un atto doveroso per la nostra organizzazione dopo che lo scorso 24 aprile la Suprema Corte ha deciso di sospendere i referendum da noi proposti per cancellare i voucher e reintrodurre la responsabilità solidale negli appalti. Una festa, il giusto riconoscimento all’enorme lavoro svolto nei mesi scorsi dalla nostra gente, in tutto il Paese, per fare in modo che la campagna per i due andasse a buon fine e, soprattutto, per consentire che le buone, buonissime ragioni del lavoro prevalessero”.

Rassegna E dall’altro lato?

Scacchetti Con l’iniziativa di Roma rilanciamo il nostro vero, grande obiettivo strategico che è la Carta dei diritti universali del lavoro: un nuovo Statuto che aggiorni quello del 1970, soprattutto nel rifiuto della logica del lavoro come sfruttamento, e che affermi a chiare lettere che i diritti devono essere in capo alla persona e non alla tipologia contrattuale. Un obiettivo ambizioso, il cui raggiungimento non è sicuramente dietro l’angolo e che necessita di tutto il nostro impegno. Perché sul versante del diritto del lavoro, negli ultimi anni riscritto e completamente destrutturato, abbiamo ancora tanto terreno da recuperare. Da questo punto di vista, la nostra manifestazione dovrà essere in grado di parlare anche al Paese e alle nostre controparti: non vorremmo infatti che qualcuno possa pensare che, passati i referendum, la Cgil ora sia sazia. Non è così. La battaglia sarà ancora difficile e lunga, perché è in primo luogo una battaglia culturale.

Rassegna In che senso una battaglia culturale?

Scacchetti Noi con la Carta abbiamo fatto un’operazione ardita, perché non abbiamo proposto un piccolo intervento normativo, abbiamo di fatto proposto la riscrittura dello Statuto dei lavoratori, ci siamo fatti promotori di una proposta di legge di rango costituzionale e l’abbiamo supportata con un milione e mezzo di firme. Ci siamo insomma affidati a uno strumento, non del tutto consueto nella storia parlamentare del nostro Paese, attraverso il quale abbiamo proposto un vero e proprio cambio di paradigma nelle regole del diritto del lavoro. Non è un caso che il claim della manifestazione del 6 maggio, ripreso da quello della precedente campagna referendaria, sia “Tutta un’altra Italia”.

Rassegna Non è la prima volta, nella sua storia, che la Cgil si cimenta con sfide tanto impegnative.

Scacchetti È vero. La Cgil è quasi per vocazione un sindacato programmatico, fortemente propositivo, molto più di quanto non ci dipingano gli altri. Lo stesso Piano del lavoro di Di Vittorio fu un’intuizione che poi trovò un’importante interlocuzione nella politica. Ma da quell’idea di base della ripartenza dell’Italia, dell’uscita da un’economia prevalentemente agricola, degli investimenti pubblici, delle bonifiche, noi abbiamo accompagnato in quegli anni le nostre rivendicazioni contrattuali e sindacali. Lo abbiamo fatto forti di un’idea di modello sociale, di progetto di Paese. In questo senso, quella di allora fu una battaglia per tantissimi versi culturale. Oggi l’impegno consiste nel risalire la china, nel rimediare a tutti i danni realizzati da un modello neoliberista che non ha avuto negli ultimi anni praticamente avversari, determinando politiche economiche a senso unico, i cui risultati sono ben visibili nelle scelte compiute dai governi che si sono succeduti alla guida del nostro Paese, e del resto d’Europa.

Rassegna Intanto, l’azione rivendicativa della Cgil è servita a rimettere il lavoro – meglio, il lavoro di qualità – al centro dell’agenda politica…

Scacchetti Sì, un fatto straordinario. Perché è vero che, materialmente, per cambiare le regole del mercato del lavoro, così come la condizione dei disoccupati, non è affatto sufficiente discuterne, ma è altrettanto vero che aver posto quei temi al centro dell’attenzione generale è servito a far uscire dalla logica del dibattito a senso unico, a superare quello che è stato il racconto di un Paese che era lontanissimo da quello reale. Oggi quel racconto è un pochino più vicino alla condizione vera degli italiani, e questo aiuta ad avere una forza maggiore nel rivendicare il cambiamento di certe politiche, facendo anche in modo che per i nostri interlocutori sia più difficile ignorare la proposta di legge sulla Carta. La Camera l’ha incardinata, il presidente della commissione Lavoro ha assicurato che inizierà la discussione. Abbiamo fatto sicuramente un passo in avanti.

Rassegna Cosa succederà dopo il 6 maggio?

Scacchetti La nostra esigenza più immediata è che la discussione attorno alla Carta cresca e venga rafforzata, e questo lo possiamo fare in due modi: il primo è sollecitare il governo a discutere la nostra proposta di legge, anche per pezzi, non essendo immaginabile che quel testo, composto di 97 articoli, venga preso in esame tutto insieme dal Parlamento. Il secondo è provare a rendere viva la Carta nella nostra azione contrattuale, considerando che molti dei contenuti in essa presenti possono trovare nelle piattaforme una loro definizione, a cominciare dai temi dell’inclusività e dell’allargamento del perimetro dei diritti.