“Non tutti i lavori sono uguali, il governo mantenga fede agli impegni assunti nell’intesa del 28 settembre 2016. L’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita comporta conseguenze preoccupanti in un mercato del lavoro caratterizzato da un’elevata disoccupazione sia giovanile che over 50, e in cui sono ancora evidenti le ferite causate dall’aumento repentino dei requisiti pensionistici dovuto alla legge Monti-Fornero, che ha creato il drammatico fenomeno degli esodati”. Lo dichiarano, in una nota congiunta, i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Roberto Ghiselli, Maurizio Petriccioli e Domenico Proietti.

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Quindi, le tre confederazioni chiedono “il blocco dell’adeguamento all’aspettativa di vita previsto per il 2019 e l’avvio del confronto per una modifica dell’attuale meccanismo per superare e differenziare le attuali forme di adeguamento, tenendo conto anche delle diversità nelle speranze di vita e nella gravosità dei lavori. Inoltre, è legittimo qualche dubbio sull’assoluta esattezza delle stime fornite dall’Istat, poiché in più di un’occasione l’Istituto ha rettificato misurazioni prodotte anche con notevoli oscillazioni, come nel caso del Pil lo scorso giugno”.

Le tre sigle spiegano che “l’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aumento di cinque mesi dell’aspettativa di vita, certificato oggi dall’Istat, porterebbe l’età pensionabile degli italiani a 67 anni, requisito che, a normativa vigente, si sarebbe dovuto raggiungere nel 2021. Perciò, non si tratta, come affermato scorrettamente da alcuni professori ed esponenti delle istituzioni, di minare la tenuta finanziaria del sistema previdenziale ma, al contrario, di garantirne nel tempo la sostenibilità anche sociale”.

“Occorre ricordarsi – concludono i dirigenti sindacali – che dietro i numeri e gli automatismi esistono persone e storie lavorative, anche per prevenire e limitare i rischi di malattie e infortuni professionali connessi all’aumento dell’età, e sarebbe molto grave ignorarlo”.