"In Italia, più che altrove, si fanno meno figli e si diventa madre in età più avanzata rispetto agli altri paesi: per affrontare un tema, che per molte ragioni potrebbe costituire una vera e propria 'emergenza' per un paese normale, la ministra Lorenzin ha lanciato una campagna pubblicitaria offensiva, discriminatoria e finalizzata a far riportare il dibattito sulla maternità come libera scelta delle donne almeno di 30 anni indietro. Se, e quando, essere madre deve essere una scelta libera! Libera da campagne demografiche ideologiche e nazionaliste (siamo 7 miliardi sul pianeta terra) e libera dalla precarietà sul lavoro che spesso ci condanna alla continua decisione di rimandare o addirittura a rinunciare ad una maternità desiderata  in quanto, nei fatti, incompatibile con un lavoro poco tutelato". Così Magda Babini e Sonia Sovilli, responsabili donne e sanità Cgil Bologna.

"Come donne del sindacato vorremmo ricordare alla ministra le difficoltà che incontrano le lavoratrici che scelgono di essere anche madri: demansionamento, marginalizzazione, rinuncia al tempo pieno, fino ad essere indotte alle dimissioni perché le aziende continuano testardamente ad ostacolare  la conciliazione dei tempi tra lavoro e attività di cura sia per le lavoratrici che  per i lavoratori. Visto che alla ministra va riconosciuto solo il merito di aver posto, inconsapevolmente, un tema serissimo che da tempo chiediamo ai governi di affrontare, ribadiamo quelle che a nostro avviso sono invece le vere priorità per l’intero paese: favorire l'occupazione giovanile e femminile riconoscendo il fallimento del jobs act; sostenere concretamente la compatibilità tra genitorialità e lavoro; cancellare quelle parti della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, sopravvissute alle sentenze della Corte Costituzionale, che ancora ostacolano le donne e gli uomini che desiderano essere genitori costringendoli spesso ad andare all’estero e a marginalizzare le coppie che non dispongono di enormi risorse economiche; agevolare le adozioni; potenziare i servizi all'infanzia e renderli davvero universali con una forte direzione pubblica; stanziare risorse consistenti per incrementare gli assegni al nucleo familiare; finanziare maggiormente e riattualizzare il ruolo dei consultori sul territorio e la medicina di genere; diffondere sul territorio specifici centri per la procreazione assistita; finanziare specificatamente progetti nelle scuole volti ad aumentare la consapevolezza e la conoscenza sulla sessualità e affettività", aggiungono le due dirigenti sindacali.

"Di questo vorremmo poter parlare, Lorenzin, per affrontare il tema della denatalità e delle sue conseguenze per il nostro paese. Le rettifiche uscite ieri sulla stampa aggravano ulteriormente la posizione della ministra: la sanità non può essere vista come qualcosa di estraneo dal contesto sociale e culturale nel quale agisce e che mette in discussione il diritto di autodeterminazione delle donne. I ministri hanno competenze specifiche ma in un paese normale agiscono tutti in un'unica direzione, con azioni tra loro coordinate a seconda del modello di società che si intende costruire. E noi non condividiamo quello proposto al paese con questa campagna pubblicitaria", concludono le due sindacaliste.