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Siamo disposti a trattare sui tempi del periodo di prova nelle assunzioni a tempo indeterminato e di una eventuale sospensione dell’articolo 18, ma la transizione deve essere breve e soprattutto ben delimitata nel tempo, dopodiché ai lavoratori devono essere garantite tutte le tutele valide per quelli che sono stati assunti prima di loro, reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa compreso. Altrimenti invece di migliorare la qualità del lavoro, si tornerebbe al lavoro servile. E’ questa - in estrema sintesi - la posizione espressa ieri, 24 settembre, dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che ha partecipato alla trasmissione ‘Porta a Porta’, condotta su Rai 1 da Bruno Vespa e che viene rilanciata oggi dalle prime pagine dei maggiori quotidiani.
"Sono mesi che diciamo di voler discutere tranquillamente sui contratti a tempo a tutela crescente per anzianità di servizio", ha detto Camusso. “Se il periodo di prova deve essere maggiore dobbiamo parlarne - spiega Camusso - sento parlare di tre o sette anni, non è la stessa cosa. Comunque possiamo discuterne". "Capisco che ci siano stagioni in cui l'articolo 18 non vale, ma vale un indennizzo" ha osservato il segretario della Cgil. "Quello che non va bene è che quel lavoratore non raggiungerà mai le tutele che hanno gli altri".
Per Camusso così il risultato sarà molto negativo perché "creiamo il lavoro più servile" mentre "a noi serve che sia più competente e professionale". Discutere di una fase transitoria, ma modernizzare il lavoro non significa renderlo servile. Per la Cgil ci vuole dunque "una riforma vera che riunifichi il mercato del lavoro". "Se l'unica certezza sono le tutele che scompaiono, ho qualche dubbio", ha detto Camusso che ha sottolineato come per il sindacato di Corso Italia sia molto importante comprendere se il contratto a tutele crescenti andrà a sostituire le numerose forme di contratto atipico in vigore. "Ci si prende in giro se si produce un'altra forma di contratto, ma rimane la giungla".
Tra le altre cose il segretario generale della Cgil ha detto che "non possiamo avere un mondo di precari senza speranza e il vecchio mondo che continua, né vorremmo che si unissero nella precarietà". L'articolo 18 non deve essere quindi "uno scalpo da portare all'Europa".