Al centro della campagna elettorale che si è appena aperta c'è la questione del fisco. Nonostante la progressività imposta dall'articolo 53 della Costituzione, però, le proposte avanzate sono molto fantasiose e vanno a incidere su un sistema fiscale che preleva quasi esclusivamente dalla produzione di reddito, e molto meno dal patrimonio. “Per rispettare il dettato costituzionale occorrerebbe invece pensare a una riforma fiscale che rispondesse maggiormente al principio di progressività. In realtà le ipotesi che si leggono sui giornali, in particolare quelle elaborate dalla destra, vanno esattamente nella direzione opposta”. A dirlo ai microfoni di “Economisti erranti” su RadioArticolo1 è Ruggero Paladini, professore emerito di Scienza delle finanze all'Università La Sapienza di Roma.

Tra le proposte elaborate in questi giorni dai candidati a guidare il Paese c'è anche la flat tax, l'aliquota unica. “Noi attualmente in Italia abbiamo un sistema a scaglioni di reddito – ha spiegato Paladini –. Nel caso della flat tax ci sarebbe una sola aliquota per tutti i contribuenti, suggerita in percentuali che vanno dal 15 al 25%. Questo naturalmente è esattamente il contrario del principio di progressività”.

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La progressività, però, non è soltanto un principio di giustizia. Esiste anche perché si suppone che un'aliquota superiore pesi di meno al crescere del reddito. Ovvero a un reddito molto alto si può applicare una percentuale più alta, perché incide meno nella perdita di potere di acquisto di una percentuale minore su un reddito minore”, ha aggiunto durante la stessa trasmissione Cristian Perniciano, dell'area politiche dello sviluppo della Cgil nazionale. “La propensione marginale all'acquisto di una persona che ha un reddito più basso è maggiore - ha continuato -, quindi tutto il reddito della persona a basso reddito andrà probabilmente in consumi, Per i redditi più alti si dividerà una parte in consumi, e una parte in risparmio”.

L'ipotesi avanzata dal Movimento 5 Stelle prevede invece l'abolizione dello spesometro, del redditometro, dello split payment e l'abolizione degli studi di settore. Per Paladini si tratta di idee che ammiccano alla vasta area del lavoro autonomo che pratica livelli di evasione elevati. “Lo split payment, per esempio, è un sistema che ha permesso di recuperare un paio di miliardi di gettito. Perché qualunque evasione parte innanzitutto dell'Iva, dopodiché si evadono le imposte dirette”. Mentre per quanto riguarda l'ipotesi di abolizione del canone Rai, “che aveva permesso di scovare parecchi evasori”, il docente la definisce un'operazione che “inciderebbe marginalmente sul reddito dei contribuenti”.

Infine si è discusso molto dell'abolizione delle tasse universitarie. “In questo caso, secondo Paladini, “c'è un obiettivo”. “Spostando sulla fiscalità generale il miliardo e mezzo di prelievo delle tasse universitarie, non si perderebbe infatti di progressività, perché attualmente le tasse universitarie sono progressive. L'obiettivo è dare una spinta all'iscrizione dei giovani agli atenei”.

Sul fronte del fisco, tra l'altro, la Cgil ha avanzato da tempo delle proposte concrete, proprio con l'obiettivo di aumentarne la progressività. “Innanzitutto si deve partire con la lotta all'evasione – ha concluso Perniciano –, con l'incrocio delle banche dati, puntando alla fatturazione elettronica. Dopodiché bisogna continuare a incidere su redditi e patrimoni che escono fuori dall'ambito dell'Irpef. Secondo noi si deve portare la tassazione verso il patrimonio del 5% di famiglie più ricche. Il problema, in Italia, sono i grandi patrimoni non tassati o poco tassati è improduttivi”.