Il 23 agosto 2007, a un anno esatto dall’incidente che lo aveva costretto al ricovero in gravi condizioni, moriva a 81 anni  Bruno Trentin. “Scompare un grande protagonista delle battaglie del mondo del lavoro – commentò l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano –, del processo di autonomia e unità del sindacato, della storia democratica del Paese”. Una lezione di grande rigore morale, disse di lui l’ex segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, “di coerenza e di attenzione ai valori sociali”. L’anno successivo alla sua morte, Rassegna.it decise di ricordare Trentin rendendo accessibili tutti gli articoli, le interviste, gli interventi pubblicati su Rassegna Sindacale (dal 1958 Trentin era stato membro del comitato di redazione). Un modo per contribuire all’intenso lavoro di ricostruzione del percorso politico e intellettuale di un dirigente che aveva contribuito in modo determinante a definire l’identità e il ruolo della Cgil e, in generale, del sindacalismo confederale. Quest’anno lo ricordiamo attraverso alcune note biografiche che analizzano, con il concorso delle pagine inedite del suo diario personale, il passaggio dall’Ufficio studi della Cgil alla segreteria Fiom.

Bruno Trentin si laurea a Padova il 16 ottobre 1949, nell’Istituto di Filosofia del diritto di Norberto Bobbio, con la tesi “La funzione del giudizio di equità nella crisi giuridica contemporanea (con particolare riferimento all’esperienza giuridica americana)”. Relatore, Enrico Opocher, sostituto di Bobbio da poco andato a Torino. La documentazione relativa alla sua carriera accademica è conservata presso l’Archivio generale dell’Università degli studi di Padova.

La domanda di immatricolazione al primo anno di Giurisprudenza è accolta il 12 febbraio 1944, anche se la seduta del Consiglio di facoltà viene verbalizzata quasi due anni più tardi, il 29 gennaio 1946. Come risulta dal libretto di iscrizione, gli è assegnata la matricola n. 3839. I primi tre esami (Storia del diritto romano, Medicina legale e Istituzioni di diritto romano) risultano trascritti dalla segreteria e non sottoscritti dal professore titolare dell’insegnamento. Sostiene il primo esame (Storia del diritto romano) il 22 febbraio 1946, conseguendo la votazione di 24/30, mentre l’ultimo (Diritto processuale penale) viene registrato l’11 novembre 1949, con 26/30.

Nel corso degli studi prepara tre tesine: in Diritto civile (“Il contratto con cui viene costituita una servitù a non domino è risolubile e non nullo”), Economia politica (“Del tasso di interesse come strumento di stabilizzazione dei prezzi”) e Diritto amministrativo (“Anche la violazione della prassi volutamente impostasi dalla Pubblica amministrazione costituisce un sintomo dell’eccesso di potere”). Dopo la laurea, alla fine del 1949, viene chiamato da Vittorio Foa a far parte come ricercatore (1) dell’Ufficio studi della Cgil. Si trasferisce così a Roma (2) divenendo uno dei più stretti collaboratori di Giuseppe Di Vittorio. Rimane all’Ufficio studi anche dopo la morte del leader sindacale di Cerignola, diventando nel 1960 segretario nazionale della Confederazione (3). Nel 1953 ha un momento di esitazione e chiede, a causa dei dissapori con il responsabile dell’Ufficio studi, di passare al Pci (4).

La richiesta di Trentin è esaminata dalla segreteria del Partito Comunista nella riunione del 9 febbraio 1953. Sono presenti Togliatti, Longo, Scoccimarro, D’Onofrio e Pajetta. Il verbale della riunione esprime l’accordo di massima per il trasferimento di Trentin “all’apparato centrale del partito, salvo il consenso di Di Vittorio”. Scrive Marco Di Maggio: “Il 18 settembre 1952 una nota firmata da Longo e da Mauro Scoccimarro a nome delle sezioni Economica e Lavoro di massa è inviata alla segreteria del Pci e per conoscenza a Di Vittorio e a Novella. Il documento affronta due problemi: l’organizzazione del lavoro culturale in campo economico e la riorganizzazione dell’Ufficio studi della Cgil. Gli autori ritengono che i due ambiti siano collegati poiché dalla loro riorganizzazione dipende il migliore e di più efficace utilizzo delle risorse del partito. Sottolineano quindi la necessità dell’inserimento nella sezione Economica di un quadro che si dedichi esclusivamente al lavoro economico-culturale e possieda i requisiti per farlo”.

Il profilo più adatto per svolgere questo compito è individuato proprio in quello del giovane Trentin, “anche alla luce di problemi politici e organizzativi dell’Ufficio studi della Cgil, che investono l’attività dello stesso Trentin. Longo e Scoccimarro infatti, sottolineano che il socialista Ameduzzi, che dirige l’Ufficio studi, sostiene orientamenti errati, o comunque criticabili, su problemi di fondo, facendone oggetto di contrasto quasi personale nei confronti del ‘compagno Trentin’. La nota continua ricordando che Trentin il quale più di ogni altro si è prodigato per far prevalere giuste impostazioni è l’unico comunista che lavora in questo organismo del sindacato e che, essendosi iscritto al partito dopo essere entrato all’Ufficio studi, può con difficoltà presentarsi con l’autorità di chi invece fosse stato formalmente designato dal partito. Alla luce di queste considerazioni la soluzione prospettata è quella di effettuare uno scambio fra la sezione Economica e l’Ufficio studi, per cui Trentin passerebbe a lavorare all’organismo del partito, di cui peraltro fa già parte, per lasciare il suo posto a Mario Lena, il quale, ‘molto preparato sui problemi industriali’, ha spiccate attitudini per un lavoro di approfondimento di situazioni settoriali e aziendali, quali si richiedono per un membro dell’Ufficio studi confederale” (5).

Il consenso di Di Vittorio, però, non arriva e Trentin rimarrà all’Ufficio studi economici della Confederazione generale italiana del lavoro fino alla sua designazione a segretario Fiom nel 1962. Nel 1954 è membro della prima delegazione sindacale in Cina dopo la rivoluzione maoista (6). Partecipa a varie iniziative concernenti il Piano del lavoro della Cgil e nel 1955, dopo la grave sconfitta della Fiom nelle elezioni delle commissioni interne della Fiat, viene inviato da Di Vittorio a Torino per comprendere che cosa non andasse e i cambiamenti nelle condizioni dei lavoratori. Il rapporto, redatto con i dirigenti della Camera del lavoro torinese, è decisivo per cambiare la strategia della Cgil e in particolare l’orientamento di Di Vittorio, determinando il cosiddetto “ritorno in fabbrica” del sindacato.

Il vero spartiacque nel suo orientamento politico avviene tuttavia negli anni 1956-57, in seguito alle vicende che riguardarono il socialismo nei Paesi dell’Est Europa e, in particolare, in Ungheria. Schierato dalla parte di Di Vittorio (7), Trentin è tra i protagonisti della battaglia per il rinnovamento della cellula comunista della Cgil e della federazione romana, con una forte solidarietà politica con le posizioni assunte da Antonio Giolitti nell’ambito dell’VIII Congresso del Pci (8). Si giunge così al 1962, l’anno in cui Luciano Lama, segretario Fiom viene richiamato nella segreteria confederale della Cgil per sopperire alle dimissioni dovute a importanti problemi di salute di Luciano Romagnoli.

Scriverà anni dopo Piero Boni in “Fiom. 100 anni di un sindacato industriale”: “Luciano Lama era eletto nel gennaio 1962 segretario della Cgil e lasciava la Fiom. La successione di Lama fu oggetto nella Cgil e nella Fiom di vivace confronto fra socialisti e comunisti. I primi ritenevano che, dopo i Congressi confederali di Roma e di Milano, non sussistendo più differenziazioni fra le due correnti sulla politica sindacale, alla carica di segretario generale potesse accedere un socialista. I secondi obiettavano che l’unità della politica sindacale non cancellava il fatto che i comunisti erano maggioranza nell’organizzazione. La questione fu risolta con una formula originale, l’unica adottata nella storia della Fiom, di due segretari generali” (9).

Così nel suo diario personale completamente inedito, Trentin racconta i suoi primi anni alla Fiom: “Subisco la decisione di mandarmi alla Fiom … Le lotte di Milano, le mie prime esperienze. Il convegno del Gramsci: una lezione per me. Debbo continuare a studiare. Basta poco per ritrovare se stessi … Le mie prime esperienze di trattativa. Mi sento messo alla prova e questo mi eccita. Raramente si ha la possibilità in termini così concreti e propri di passare dall’altra parte della barricata e di divenire protagonisti di un fenomeno che prima si osservava criticamente … Lo sciopero alla Fiat è una giornata indimenticabile. Il caldo mostruoso … il primo tentativo di stabilire un rapporto personale vivo con dei volti lontani, delle entità astratte. La sera davanti ai cancelli della Mirafiori. Mi pare di sognare … Di fronte agli stessi cancelli il 4 agosto mattina. Lo sciopero oscilla, poi, all’ultimo momento, vicino alle 6, tracolla e china la testa. Mai così viva la sensazione, la visione cinematografica della sconfitta. Settembre, la lotta alla Fiat e le trattative … L’accordo firmato all’alba” (10).

1. Ha ricordato Trentin, a proposito di un passaggio così decisivo della sua biografia intellettuale e politica: “La mia vocazione era quella di fare il ricercatore, ma in un mondo vicino, il più vicino possibile a una realtà con la quale mi sentivo totalmente solidale, il ricercatore al servizio di un movimento, e il sindacato mi sembrava l’osservatorio, se così possiamo dire, della condizione operaia più forte...”, Franco Giraldi, “Intervista a Bruno Trentin. Dalla Francia all’Italia”, in Iginio Ariemma-Luisa Bellina (a cura di), “Bruno Trentin. Dalla guerra partigiana alla Cgil”, cit., p. 52

2. Trentin racconta del trasferimento a Roma per iniziare l’attività di un Ufficio studi che alla fine del 1949 esiste soltanto sulla carta e dell’impegno per costruire un piccolo gruppo di ricercatori che lavora quotidianamente “per soddisfare bisogni molto immediati della dirigenza sindacale”, ma che, progressivamente, si costruisce anche come un “piccolo laboratorio”, che a partire dall’elaborazione del Piano del lavoro inizia a “sostenere la battaglia di un sindacato che comincia a debordare sui grandi temi della vita politica del paese”, Marco Di Maggio, “Bruno Trentin intellettuale comunista nell’Ufficio studi della Cgil”, in “Bruno Trentin e la sinistra italiana e francese”, cit., p. 97

3. Dal 1956 Trentin è membro del Comitato direttivo confederale; dal 1960 è membro del Comitato esecutivo

4. L’Archivio storico Cgil nazionale conserva, tra l’altro, la lettera di Trentin a Palmiro Togliatti (22 gennaio 1953) contenente la richiesta di trasferimento dall’Ufficio studi della Cgil alla sezione Economica del Pci, (in ASCgil nazionale, Fondo Bruno Trentin (III), fasc. 7; anche in APCI, Fondo Mosca, Segreteria, Lettera di Bruno Trentin a Palmiro Togliatti, 22 gennaio 1953, mf. 189). La richiesta di Trentin è esaminata dalla segreteria del Pci nella riunione del 9 febbraio 1953. Sono presenti Togliatti, Longo, Scoccimarro, D’Onofrio e Pajetta. Il verbale della riunione esprime l’accordo di massima per il trasferimento di Trentin all’apparato centrale del partito, “salvo il consenso di Di Vittorio”

5. Marco Di Maggio, “Bruno Trentin intellettuale comunista nell’Ufficio studi della Cgil”, in “Bruno Trentin e la sinistra italiana e francese”, cit., pp. 105-106

6. “Bruno Trentin, L’eredità della lunga marcia”, “Società”, a. X, n. 6, dic. 1954, in ASCgil nazionale, Fondo Bruno Trentin (III), fasc. 6

7. Ricorderà anni dopo Trentin: “Quello che conta di più è che siamo stati convocati dalla Direzione del Partito come gruppo dirigente della cellula, all’incirca dopo una settimana dalla presa di posizione di Di Vittorio nella Cgil. Di Vittorio non partecipava alle riunioni di cellula, ma partecipò a questa riunione della Direzione. Erano presenti Amendola e Alicata che attaccarono con molta veemenza le posizioni della Cgil e il comportamento di Di Vittorio, mentre Longo, che presiedeva la riunione, fungeva da elemento equilibratore. ... A un certo momento venne Di Vittorio. Disse poche parole: che bisognava cambiare, che forse avevamo sbagliato. Prima aveva avuto altri incontri in Direzione e in Segreteria, aveva visto anche Togliatti. La riunione era stata convocata dopo la Direzione, per mettere in riga la cellula”. “Bruno Trentin, Il coraggio dell’utopia. La sinistra e il sindacato dopo il taylorismo”. Un’intervista di Bruno Ugolini, Rizzoli 1995, pp. 182-189

8. Seppure sensibile ad alcune posizioni di Antonio Giolitti, Trentin è nettamente contrario alla sua decisione di abbandonare il Pci, ritenuta un passo indietro rispetto a una battaglia politica che è invece possibile sostenere all’interno del Partito. La corrispondenza tra Trentin e Giolitti sull’argomento è conservata in ASCgil nazionale, Fondo Bruno Trentin (III), fasc. 7 e in Fondazione Lelio e Lisli Basso, Fondo Antonio Giolitti, Lettera di Bruno Trentin a Antonio Giolitti, 23 luglio 1957, scatola 12, fasc. 5

9. Piero Boni, “Fiom. 100 anni di un sindacato industriale”, Meta-Ediesse 1993, p.163

10. I diari, scritti a mano su 20 quaderni, sono in corso di trascrizione e potranno essere consultati, previa autorizzazione, dal 2017, a dieci anni dalla sua morte. I quaderni coprono un arco cronologico che va dal 1960 al 2006. Mancano quelli dal 2000 al 2004, rubatigli a Parigi insieme alla borsa che li conteneva

Ilaria Romeo è responsabile Archivio storico Cgil nazionale