Adesso occorre stabilizzare tutti i precari. È questa la richiesta di Flc Cgil, Fir Cisl, Uil Rua e Precari uniti Cnr, che viene lanciata oggi (martedì 20 giugno) dall’assemblea-manifestazione di Roma. L’appuntamento è alle ore 10 presso l’Aula convegno della sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), in piazzale Aldo Moro 7. Il numero dei ricercatori Cnr che lavorano con contratti precari è di circa 4.500: persone con esperienze professionali anche lunghe, che però non possono fare progetti di vita a medio o lungo termine a causa delle scadenze contrattuali, per lo più rinnovate semestralmente oppure, per i più fortunati, annualmente.

Il 7 giugno scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 75/2017 (del 25 maggio scorso), attuativo dell’articolo 17 della cosiddetta “riforma Madia” (legge 124/2015) dedicato alla “riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”. Con l’articolo 20 (chiamato “Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni”) il governo “ha normato – spiega La Flc Cgil – la possibilità di stabilizzare i lavoratori precari che lavorano da anni nella pubblica amministrazione e bandire procedure concorsuali riservate per i titolari di contratti di lavoro flessibili”.

Ma cosa prevede quest’articolo? Il comma 1 stabilisce che gli enti possono trasformare direttamente i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato per coloro che hanno maturato, o maturano, almeno tre anni di anzianità al 31 dicembre 2017 con contratti anche non continuativi negli ultimi otto anni (il personale, precisa il comma 1, deve essere stato comunque reclutato con procedure concorsuali in relazione alle attività svolte). Il comma 2 stabilisce che l’ente deve approntare procedure concorsuali riservate ai titolari di un contratto di lavoro flessibile che abbiano maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni.

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“Ora, e senza indugio, il Cnr applichi le disposizioni” afferma la Flc. Il sindacato chiede che l’ente “riconosca l’insostituibile lavoro svolto da lavoratrici e lavoratori che di precario hanno solo il contratto” e che venga definito il Piano triennale di attività (con relativo Piano di fabbisogno) previsto dal decreto legislativo 218/2016. La Flc, inoltre, chiede che “dal 1 gennaio 2018 sia avviata la conversione dei tempi determinati in tempi indeterminati per gli aventi titolo ai sensi del comma 1 e, contestualmente, sia previsto un numero adeguato di bandi di concorso riservati agli aventi titolo ai sensi del comma 2”. Chiede, infine, che il Cnr, come previsto nel comma 8, garantisca “il mantenimento in servizio di tutto il personale avente diritto fino al completamento del processo di stabilizzazione”.

Ma chi sono questi precari? Una fotografia ce la offre la Flc di Lecce. “Non si può più parlare di ‘giovani’ ricercatori – spiega la dirigente Giovanna Occhilupo - quanto più propriamente di persone che ormai hanno un’età media fra i 35 e i 50 anni”. La condizione lavorativa precaria dei ricercatori “dura parecchi anni, spesso decenni, e c’è chi ha accumulato addirittura 25 anni di precariato”. Il fenomeno, continua l’esponente sindacale, va assumendo il carattere di “una vera e propria emergenza sociale, sia per la quantità di gente che lavora in queste condizioni di totale assenza di diritti (come malattia, pensione, ferie) sia per l’età raggiunta da ormai molti precari della ricerca”.

Una condizione che non riguarda esclusivamente il Cnr, ma tutti gli enti pubblici di ricerca. “L’Università del Salento, a fronte di una popolazione di circa mille unità di personale a tempo indeterminato, funziona grazie all’impegno di circa 500 ricercatori precari (tra assegnisti e ricercatori con contratto a tempo determinato), cui andrebbero aggiunte altrettante unità tra dottorandi di ricerca” spiega la Flc Lecce, citando dati di un loro censimento del 2014. “L’emergenza precariato non è più rinviabile” conclude Occhilupo: “Dopo il piano assunzionale straordinario della scuola, peraltro gestito male e che ha scontentato tutti, ora serve un piano straordinario di assunzioni anche per il sistema della ricerca pubblica in Italia”.