“La richiesta di referendum in Francia diventerà inarrestabile. Anche a Parigi, come a Londra, c'è una forte idea di nazione moderna e il problema è chiaramente già esploso in modo irreversibile: è fortissimo il messaggio che promette di tornare alla sovranità nazionale senza più dipendere dalla burocrazia di Bruxelles o dall'egemonia tedesca. Non averlo capito prima è una responsabilità enorme delle classi dirigenti del resto d'Europa”. A dirlo è il segretario confederale della Cgil Danilo Barbi nel commentare ai microfoni di RadioArticolo1 l'esito del referendum che ha sancito la Brexit.

“Colpisce anche l'enorme affluenza: in Inghilterra – commenta il dirigente sindacale – non ha mai votato così tanta gente credo dalle elezioni politiche del '45”. Tornando alla campagna elettorale britannica, “negli ultimi venti giorni il fronte del Leave ha impugnato un argomento enorme per la storia dell'Inghilterra, cioè l'egemonia tedesca: il problema non era più l'Europa burocratica e lontana, bensì l'egemonia di Berlino sconfitta nella seconda guerra mondiale. Questo argomento, a giudicare dalle prime analisi sui comportamenti elettorali, ha avuto un peso terribile soprattutto nell'Inghilterra profonda, nelle persone anziane e in una parte di proletariato autoctono”.

 

Un aspetto che “ha una sua forza – aggiunge – anche perché dice una verità, cioè che dentro la crisi c'è una egemonia della Germania sull'Europa, un vantaggio per la popolazione tedesca e uno svantaggio per tutto il resto della popolazione europea. Se usi questo argomento in un paese che è stato bombardato dalla Germania nella Seconda guerra mondiale e che poi ha scritto le regole di Yalta insieme a Stalin e Roosevelt, è evidente che fai presa”.

L'effetto crisi ha avuto anche risvolti pratici. “In Inghilterra – ricorda Barbi – sono fallite tre banche poi nazionalizzate. Questo ha generato l'insicurezza drammaticamente aggravata dalla stupidità del neoliberismo che ancora governa le scelte europee. Ora bisogna capire il senso di questo voto storico. Intanto è più facile che Trump vinca a novembre negli Stati Uniti. E ovviamente in Europa le cose cambieranno radicalmente, siamo di fronte a una chiamata della Storia con la s maiuscola, succederanno cose rilevantissime”.

Per rispondere a questo clima di paura, conclude l'esponente della Cgil, “serve il rilancio della crescita economica e delle prospettive di benessere, l'aumento del lavoro, dei redditi, delle pensioni. Insomma, bisogna fare cose visibilmente e inconfutabilmente diverse da quelle fatte sinora. Come dice il sindacato europeo, ci vuole un piano di investimenti pubblici di migliaia di miliardi di euro nei prossimi anni. Se non si fa una cosa di queste proporzioni, il processo di rottura dell'Unione sarà inarrestabile. I vari presidenti del Consiglio in questo momento hanno una responsabilità di fronte alla storia: devono cambiare la politica economica e non alludere, ammiccare, scrivere documenti ambigui. Ci vuole una svolta, altrimenti la struttura non regge”.