Dove sta andando l’auto? Cosa sta avvenendo nel settore automotive in Italia e nel mondo? Dalla situazione della Fiat nel nostro paese al mercato globale, passando per l’operato di Marchionne e il destino dei grandi gruppi mondiali: questi i temi al centro del seminario “Quale futuro per il settore automotive?”, organizzato dalla Fondazione Claudio Sabattini, in collaborazione con la Fiom, che si è svolto oggi (4 marzo) a Roma nella sede della Cgil a Corso Italia. È andato in scena un dibattito complessivo, anche su posizioni differenti, che ha visto dialogare la Fiom con economisti e rappresentanti delle istituzioni, con il segretario generale Maurizio Landini a confronto con il presidente della commissione Industria, commercio e turismo del Senato Massimo Mucchetti. Insieme a loro i contributi di esperti e la voce dei metalmeccanici tedeschi dalla Ig Metall portata da Christian Brunkhorst, presidente della commissione Auto di IndustriALL. L'incontro è stato presieduto dal Gianni Rinaldini, presidente della Fondazione Sabattini, e moderato da Andrea Malan del Sole 24 Ore.

Tra il 2005 e il 2013 la domanda globale di auto è aumentata: è cresciuto il peso dei mercati emergenti mentre, complice la crisi, si è ridotta la domanda nelle principali economie europee. Nel 2013 Cina, India, Brasile e Russia si posizionano, assieme a Stati Uniti, Giappone e Germania, tra i primi mercati mondiali dell’auto. È quanto emerso dalla ricerca "Il settore automotive nei principali paesi europei", promossa proprio dalla Commissione Industria, che è stata alla base della discussione odierna. Nei prossimi anni, secondo l'indagine, la domanda continuerà a salire trainata dai nuovi mercati, in particolare in Cina. Anche la produzione, come la domanda, è cresciuta a livello globale soprattutto per l'apporto delle economie emergenti: si è però contratta in tutti i paesi europei, a eccezione della Germania. Tra i fattori principali che spostano la produzione, pesano il costo della manodopera e della logistica, le politiche doganali e gli incentivi agli investimenti da parte dei governi.

"Sul settore dell'automotive serve un osservatorio permanente", ha esordito Massimo Mucchetti. "Al contrario di ciò che si pensa, è ancora un settore strategico. Ci sono vari nodi da sciogliere, dall'inquinamento al problema dello spazio: se nel mondo si vendessero tante auto quante in Europa e in Italia non sapremmo più dove metterle". Il comparto resta centrale, dunque, "ora bisogna decidere se il centro propulsivo dell’auto è qui in Italia o da un’altra parte: se sarà qui, ci sarà la possibilità di creare posti di lavoro, impiego di qualità e una forte presenza dell’indotto". Sull'operato di Sergio Marchionne, ha proseguito Mucchetti, "so che non è particolarmente popolare nel sindacato, ma dobbiamo ricordare la storia: a fine anni novanta e inizio 2000 la Fiat era tecnicamente fallita, si rischiava la chiusura degli stabilimenti e degli uffici. Dopo la nazionalizzazione tentata dal governo Berlusconi nel 2002, e fallita, e dopo vari cambi di amministratori delegati gli Agnelli scelsero Marchionne. A quel punto è iniziata una nuova stagione di consolidamento degli assetti azionari". In sintesi, a suo avviso, "Marchionne ha salvato la Fiat e l’ha resa un gruppo internazionale, questo naturalmente ha messo in dubbio gli equilibri italiani. Ma l'ad ha tenuto a galla la Fiat, anche se l'azienda presenta ancora alcuni elementi di debolezza. Un governo - dunque - deve confrontarsi con la realtà, guardando allo stato delle cose se vuole ottenere risultati".

L'inquinamento è il primo punto con cui fare i conti, perché la produzione dell'auto rischia di aggredire la salute dei cittadini. Lo ha affermato Francesco Garibaldo, direttore della Fondazione Claudio Sabattini. "Bisogna capire come garantire il diritto di tutti alla salute - ha spiegato -, naturalmente garantendo sempre il diritto alla mobilità". Per esempio "ci sono situazioni, come la Germania, dove la mobilità alternativa diventa elemento fondante per il trasporto". In questi anni  nel settore auto "stanno entrando nuovi attori, come le assicurazioni, c'è la possibilità di fornire una nuova serie di servizi: sta nascendo un ecosistema automobilistico esteso che prevede protagonisti inediti. Si apre così il problema di come affrontare la trasformazione: dobbiamo interrogarci su quale politiche adottare per permettere all’Italia di giocare il ruolo che le spetta. Per fare questo serve una vera politica industriale nel paese". Una strategia, per Garibaldo, "che deve basarsi sulla qualificazione della forza lavoro. La proposta di Mucchetti di una commissione pubblica è sensata per questo obiettivo".

L'Italia deve ampliare la propria capacità produttiva, è questa una linea guida della sua politica industriale, secondo Giorgio Barba Navaretti, economista dell’Università degli studi di Milano. "C’è una dimensione competitiva tra i paesi europei di cui tenere conto - ha osservato lo studioso   -. In questo senso la mano pubblica può fare molto, per esempio aumentando gli investimenti in ricerca e sviluppo: su questi la politica deve agire in modo molto più incisivo, creando esperti che operino a più livelli, guardando ad altri Stati europei che finanziano la ricerca e la considerano strategica". Tra le innovazioni "va cambiata anche l'organizzazione della mobilità, coltivando allo stesso tempo il rispetto della salute". Il futuro"si gioca sulla capacità di essere produttori avanzati in tutte le fasi della filiera. Un futuro pieno di rischi e insidie - ha concluso -, ma l'industria che abbiamo oggi è attrezzata per affrontare un ciclo difficile".

Una visione più pessimista è arrivata dall'economista Vincenzo Comito: "È vero che la Fiat è stata salvata grazie anche alle azioni di Marchionne - ha detto -, ma poteva essere salvata con maggiore rispetto per i lavoratori e il sindacato. Ora la strategia Marchionne è arrivata al limite, nel senso che è difficile che ottenga qualcosa in più di ciò che ha fatto finora. Quindi - a mio avviso - nei prossimi anni il destino della Fiat è essere assorbita in altri gruppi. In questo senso non riesco ad essere ottimista".

Christian Brunkhorst, presidente della commissione auto di IndustriALL della Ig Metall, ha portato uno sguardo esterno al dibattito. "Ci saranno molti cambiamenti - ha esordito -, l'uomo può decider se governare le trasformazioni o diventare solo un ingranaggio di questi sistemi. Le eventuali conseguenze per i lavoratori possono già essere intuite: una possibile risposta è la creazione di posti di lavoro altamente qualificati nella manutenzione delle nuovissime tecnologie". In breve tempo, per Brunkhorst, "ci aspettiamo la digitalizzazione della fabbrica e dell'ufficio, che potrà creare nuove possibilità di controllare i dipendenti. Le auto avranno il parcheggio automatizzato, il controllo automatico della velocità per mantenere le distanze ed evitare le collisioni. Al guidatore verrà fornita assistenza per restare in carreggiata. Le macchine del futuro potranno circolare in autostrada senza l'intervento del conducente". Google in California sta già sperimentando i nuovi sistemi, ha ricordato, dunque "occorre riflettere sulle conseguenze dell'introduzione delle tecnologie con una politica industriale attiva".

A chiudere l'incontro il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. "Malgrado ciò che è avvenuto - ha riflettuto -, non si è riusciti a cancellare la nostra rappresentanza sindacale: ora che nelle imprese si è tornati finalmente a votare i propri rappresentanti, con una libera scelta, la Fiom è il primo sindacato. Su 60mila persone che hanno votato finora, siamo primi sia nel settore auto che nella Magneti Marelli". In generale "bisogna aprire subito una riflessione concreta non su un singolo gruppo, ma su tutta la politica industriale del nostro paese". Una politica industriale finora assente: "Se il governo continua con provvedimenti generalizzati, a prescindere dalla qualità e dal livello di investimento, allora corriamo il rischio di non utilizzare correttamente i nostri soldi e non fare le scelte strategiche". Oggi un lavoratore della Fiat "percepisce 75 euro in meno al mese rispetto a qualunque altro metalmeccanico italiano, e moltiplicando i soldi per 13 mensilità si perde una certa cifra. Non avere avuto l'aumento della paga oraria, inoltre, significa che le maggiorazioni previste per turni e straordinari non sono state rivalutate. In questa fase - poi - c'è stato un intervento sulle condizioni di lavoro, come il taglio di 10 minuti di pausa al giorno: se moltiplichiamo 10 minuti per tutti i giorni dell'anno scopriamo che un lavoratore deve lavorare molto di più e pagato allo stesso modo.

Per le imprese aumenta la produttività e scendono i costi in modo molto consistente. È sempre più urgente una redistribuzione per l'insieme dei lavoratori". La situazione dei lavoratori preoccupa sempre di più: "Grugliasco sta aumentando la cassa integrazione, così Modena e molti altri siti produttivi, Mirafiori produce un unico modello che non è in grado di saturare lo stabilimento. Nel 2018 finiscono gli ammortizzatori sociali e si rischia di passare ai licenziamenti". La grande trasformazione del settore "rende sempre più evidente come in Italia il governo sia totalmente assente su questa materia. Il premier Renzi non si salverà l’anima andando ad aprire qualche azienda ogni tanto: se non c’è una ripresa seria di investimenti rischiamo di perdere interi settori e competenze. Serve subito una valorizzazione del lavoro. Su questo, nel rinnovo contrattuale abbiamo chiesto il diritto soggettivo alla formazione professionale. Da parte sua, l'esecutivo deve assumere una posizione radicalmente diversa dal passato", ha concluso Landini.