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Aris Accornero è stato uno dei miei professori alla facoltà di Sociologia di Roma. Anzi no, è stato “il” mio professore. Con lui ho preparato nel 1981 la tesi di laurea, che ho discusso un anno dopo. Era la prima volta anche per lui: era arrivato all’accademia dopo essere stato operaio (“specializzato” ci teneva a specificare) alla Riv, poi licenziato per rappresaglia, poi giornalista all’Unità, poi sindacalista e infine sociologo dell’industria, tra i migliori in Italia. A metà degli anni novanta, quando già collaboravo con lui da qualche tempo, gli chiesi di raccontarmi la “sua” fabbrica. Mi disse tra l’altro che, dopo 11 anni che ci lavorava, essendo un operaio “che sapeva leggere e scrivere” si mise a produrre per la commissione interna il giornale di fabbrica. Fu licenziato. Non che non se lo aspettasse, ma gli dispiacque molto di non essere riuscito a terminare la raccolta dei questionari sugli operai per la sua prima ricerca sociologica. Molti anni dopo tornò a Torino su invito del management della Fiat per un seminario sugli anni cinquanta in fabbrica e stupì tutti “perdonando” Valletta per averlo licenziato: in fin dei conti la sua vita ne aveva guadagnato.
Lavorare con Aris era una scoperta continua, e anche un divertimento (ma solo se studiavi molto). Preparare un questionario per una ricerca significava innanzitutto rispettare un rigore metodologico che discendeva dai grandi studiosi: Max Weber, Robert Merton, Paul Lazarsfeld. Una volta trovate le domande perfette ci chiedeva di “indovinare” la percentuale di risposte che ognuna avrebbe ottenuto. Era un modo per misurare la sensibilità sociologica di studenti e ricercatori, e la conoscenza dei fenomeni che si volevano studiare. Inutile dire che il migliore in questo “gioco” era Aris.
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La sua cultura sociologica era immensa, e lo si capisce dai molti e importanti libri che ha scritto, a cominciare da Il lavoro come ideologia, del 1980, in cui anticipa il venir meno della retorica “eroica” sul lavoro, ricordando che di questo conta il senso e non la nobiltà, sino ai più recenti, dedicati al sindacato, ai nuovi lavori e a quelli precari, alle lotte delle operaie della Val di Susa. Il suo libro di testo Il mondo della produzione, pubblicato per la prima volta nel 1994, per quasi 25 anni è stato aggiornato, espanso e curato, in modo da rimanere una lettura indispensabile per chi vuole capire la sociologia del lavoro e dell’industria.
Credo che a lui piacerebbe essere ricordato anche per l’impegno nei confronti degli studenti. Come ho già ricordato in un’altra occasione, quando Aris fu convocato dal presidente della Repubblica in uno dei pomeriggi che dedicava al ricevimento degli studenti, mise in bacheca un annuncio con il quale si scusava molto con gli studenti per essere costretto ad arrivare in ritardo. Questo era Aris Accornero, il mio maestro, un professore come pochi. Mancherà a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
Patrizio Di Nicola insegna Sociologia dell’organizzazione e dei sistemi avanzati all’Università La Sapienza di Roma