Si è svolto un nuovo incontro a Roma per la vertenza Almaviva. L’appuntamento al ministero dello Sviluppo economico si è tenuto alle ore 11 e ha visto sul tavolo della trattativa la procedura di mobilità per 2.511 addetti e la chiusura delle sedi di Roma e Napoli del call center. Dalla riunione non sono emerse novità rilevanti. Un particolare che non fa che accrescere le preoccupazioni dei sindacati: venerdì 18 dicembre, infatti, scade il termine dato dall’azienda e partiranno i primi licenziamenti. Una decisione avversata da sindacati e lavoratori che da mesi sono in agitazione (l’ultimo sciopero generale nazionale è del 10 novembre scorso).

“Non saranno operazioni di abbassamento del costo del lavoro o fantasiose forme di compartecipazione dei lavoratori all’azienda, oltre a incentivazioni all’esodo e a percorsi formativi proposti da Almaviva, che metteranno in sicurezza l'azienda e i suoi lavoratori”, afferma in una nota la segreteria nazionale Slc Cgil. L’azienda, continua il sindacato “deve saper affrontare il momento di crisi con un cambio di approccio organizzativo, con la fine del ricorso dei committenti a una contrazione folle dei costi. Non è abbassare il costo del lavoro, in controtendenza rispetto alle iniziative legislative proposte dal ministero dello Sviluppo economico, che risolve il problema”.

I sindacati chiedono all’azienda di ritirare i licenziamenti e di ritornare ai contenuti dell’accordo del maggio scorso, che aveva scongiurato 3 mila esuberi nei siti di Roma, Napoli e Palermo. Un accordo oneroso per i lavoratori, che però l’azienda ha subito disatteso, aprendo le procedure di mobilità e puntando alla chiusura dei siti di Napoli e Roma. E chiedono altresì di attendere gli imminenti interventi del governo che il ministro Calenda si accinge a presentare all’interno della Legge di bilancio (su aspetti come gare al massimo ribasso, delocalizzazioni, ammortizzatori sociali specifici e fondo di innovazione per le aziende del settore) prima di assumere qualunque altra decisione.

La proposta di Almaviva, precisa una nota del Slc Cgil nazionale, è “l'espressione di un'idea vecchia e perdente, unicamente incentrata sul taglio dei costi e incapace di competere sul versante degli investimenti, a partire da quello sulle risorse umane, vero asset fondamentale per un'azienda di customer care”. Una proposta che “si limita a prendere atto delle condizioni di mercato, contraddistinto da folli dinamiche di ribasso dei prezzi, e adatta il costo del lavoro ai ribassi stessi”. Accettare tale modello, conclude il sindacato, significherebbe “semplicemente condannare questa professione a ritornare a una condizione di subalternità e precarietà”.

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10 novembre: sciopero | fotografie