“Sei anni senza contratto per avere un aumento di 40 centesimi al giorno. È quanto, una vergogna”. Con questo tweet Rossana Dettori, segretario generale della Fp Cgil esprime tutta la sua rabbia di fronte ai soli 300 milioni di euro annui stanziati per il rinnovo del contratto del pubblico impiego nella Legge di Stabilità. 

I sindacati non si accontentano di certo, e scendono sul piede di guerra. Le categorie di Cgil, Cisl e Uil oggi, 16 ottobre, si sentiranno per decidere quali mosse mettere in campo. Non si esclude l'ipotesi di uno sciopero del settore. Ma intanto non sono mancate le reazioni. La Cgil fa i conti, stimando che i 300 milioni stanziati per il rinnovo “equivalgono a 7,80 euro lordi al mese per i prossimi tre anni".

E' "del tutto insufficiente la risposta per i contratti del pubblico impiego, lavoratori che aspettano il contratto da sei o sette anni: non si può immaginare un aumento lordo da dieci, quindici euro al mese", sottolinea la leader della Cisl, Annamaria Furlan, avvertendo: "Bisogna trovare risorse per dare una risposta dignitosa".

Sul piede di guerra anche le altre sigle del pubblico impiego. La Confsal Unsa, è tra i promotori del ricorso contro il congelamento della co trattazione, giudicato illegittimo dalla Consulta. Per il segretario generale, Massimo Battaglia, "ci si aspettava dal Governo certamente non la miseria ma un po' di rispetto. Sicuramente torneremo in piazza". 

 Per Michele Gentile, responsabile dei settori pubblici della Cgil "la beffa ulteriore è che con un aumento di un centinaio di euro lordi pro capite all'anno, il dipendente che già beneficia del bonus degli 80 euro potrebbe splafonare la soglia di reddito annuo che gli consente di riceverlo". Ora le categorie di Cgil, Cisl e Uil discuteranno insieme sulla risposta da dare, tentando una posizione comune. Di certo ci sarà una mobilitazione per chiedere maggiori risorse e non non si esclude lo sciopero.