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Diciotto lavoratori del Comune di San Vito Lo Capo, nel Trapanese, dopo trent’anni di part-time involontario, hanno finalmente firmato un contratto full-time. Un evento raro come i treni i orario, un’eclissi di giustizia amministrativa. Ci sono voluti decenni, sindacati, battaglie, carte bollate e una tenacia degna di un santo patrono del tempo indeterminato. Ma alla fine il miracolo è avvenuto, lo Stato ha scoperto che si può lavorare tutto il giorno e persino essere pagati per intero.
Per capire l’impresa, basta ricordare che in Italia il part time involontario è la versione moderna del voto di povertà: si lavora a metà e si campa a quarti. San Vito, con la sua spiaggia da cartolina, era diventato un laboratorio del precariato eterno, dove i dipendenti comunali si dividevano tra scrivania e secondo lavoro, tra bollette e speranze. Poi è arrivata la Fp Cgil, che con la pazienza di un archeologo ha riportato alla luce un diritto sepolto: il diritto a un lavoro intero per persone intere.
Ora i diciotto “miracolati” possono finalmente immaginare una pensione, una casa, magari persino un weekend. E l’amministrazione comunale, con un entusiasmo trattenuto, riconosce che sì, avere personale pagato decentemente migliora i servizi. Una scoperta degna di un Nobel per l’ovvio.
Ma la Sicilia è tutt’altro che il Paradiso dei contratti. A Valderice si lavora 18 ore a settimana, a Petrosino 21 e 36 minuti: precisione contabile per un’ingiustizia chirurgica. Là dove non arrivano i fondi regionali, prospera la mezza dignità, quella che non costa troppo e non disturba i bilanci.
Così la vittoria di San Vito Lo Capo brilla come una candela accesa in una caverna. E chissà che il suo lume non illumini anche gli altri Comuni del Trapanese, dove il tempo pieno resta un sogno e il lavoro, come il mare, continua a ritirarsi ogni giorno un po’ di più.






















