Quella gran volpe del sottosegretario Durigon annuncia che scioperare di lunedì e venerdì sarà presto vietato. Troppo scomodo per i vacanzieri, troppo traffico sui treni. Sembra una gag da cabaret, invece è la Lega al governo. Scioperare sì, ma solo se non disturba: un diritto a orario ridotto, da concedere previo timbro dell’ente del turismo.

Un fine esempio di democrazia stagionale. Si può protestare solo quando il governo ha la settimana libera. Che poi, sia chiaro, il problema non è l’astensione in sé: è l’agitazione che si nota, che intralcia, che chiede spiegazioni. Chi rivendica tutele rovina la cartolina. E per chi comanda questo è peggio di qualunque sfruttamento.

Sotto la farsa si nasconde la solita trama: silenziare chi non si adegua. Prima ti tolgono la piazza, poi la parola, poi il tempo per farti sentire. Oggi tocca ai ferrovieri, domani agli insegnanti, dopodomani a chiunque non stia zitto mentre affondano le tutele come materassini sgonfi. È la restaurazione padronale in versione all-inclusive: tutto deve filare liscio, tranne la vita di chi sgobba.

E il bello è che questi paladini dell’ordine sono gli stessi che un tempo difendevano i forconi e i tir fermi in autostrada. Ma ora che scioperano i lavoratori veri, quelli che non fanno selfie in Parlamento, il dissenso diventa sabotaggio. Non disturbare il manovratore perché il manovratore ha una villa in Sardegna da raggiungere. E lo stop rischia di farlo arrivare tardi all’aperitivo.

Se ti spiegano con tono pacato quando, dove e come puoi incrociare le braccia, non è più un diritto ma uno sketch autorizzato dal Ministero dell’Ubbidienza. E chi ci crede, chi fa spallucce, chi sussurra “in fondo è solo buonsenso”, è il miglior alleato dell’autoritarismo sotto l’ombrellone. Gli servono l’antipasto e lui si mangia pure la Costituzione.