La cifra è ‘inaccettabile’, così come ‘inadeguato’ è il piano industriale che ha già scatenato le ire dei sindacati. Questo, dopo che Unicredit ha annunciato 6.000 esuberi per l’Italia, con la chiusura di 450 filiali, da qui al 2023. Il dettaglio numerico si evince dalla lettera inviata alle sigle di categoria nell’ambito dell’apertura della procedura e porta il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo a convocare i vertici del gruppo per il 21 febbraio, mentre per venerdì 14 è stato fissato in agenda il primo incontro della trattativa con i sindacati.

Come spiega nella lettera ai sindacati, l’amministratore delegato Jean Pierre Mustier, la decisione è dovuta alla progressiva diminuzione del numero di operazioni allo sportello: dal 2016 ad oggi, questo calo è stato del 55%, accompagnato da un costante aumento dell'uso dei canali digitali, web e via smartphone, che oggi richiedono una ristrutturazione del modello distributivo per evitare la perdita di quote di clientela interna e il rischio di non essere attrattivi per quella esterna. Nel contempo, sono crollati anche prelievi allo sportello e bonifici.  

È intenzione del gruppo bancario trovare soluzioni condivise con i sindacati, Per tale motivo, si guarda ai dipendenti che maturano il requisito pensionistico entro il 31 dicembre 2023, Per le altre uscite, di intende valutare in via prioritaria l’attuazione dello strumento del fondo di solidarietà, di settore, a cominciare dai 400 addetti che hanno già chisto di aderire al fondo con il vecchio piano . Ulteriori forme di esodo verranno approfondite in modo di ampliare le forme come quota 100, opzione donna, riscatti di periodi non coperti da contribuzione. Per gestire la riorganizzazione in Italia, l’azienda ha messo in preventivo un budget di 1,1 miliardi.

“Non esiste un problema di esuberi – ribattono Fisac Cgil, First Cisl, Uilca Uil, Fabi e Unisin Cnfsal –, per un'azienda che presenta ultili per 4,7 miliardi. Non accetteremo di trattare un piano a giochi fatti, con numeri già cristallizzati nella lettera di avvio di procedura sul confronto che ci è appena arrivata. Deve essere chiaro che non siamo disposti a discutere di tagli all’organico se contemporaneamente non si parlerà anche di assunzioni. La nostra richiesta è che ogni due uscite sia prevista almeno un'assunzione".

“Proprio per questo – osserva Giuliano Calcagni, segretario generale Fisac –, oltre a ritenere il numero di esuberi dichiarati spropositato, chiederemo una verifica sui livelli occupazionali e sullo stato delle agenzie in chiusura. Ci aspettiamo risposte che contemperino oltre a un numero adeguato di assunzioni soluzioni condivise su tutti gli argomenti del piano industriale. La territorialità dell'istituto, i livelli occupazionali e salariali non potranno certo essere sacrificati in nome degli utili che monsieur Mustier pensa di poter redistribuire ai propri azionisti”.

Insomma, per le diverse sigle, il confronto “deve portare a rivedere l'impatto sull'occupazione, limitando le uscite a logiche volontarie e incentivate, a prevedere assunzioni e a dare concreti segnali che Unicredit vuole essere una banca pienamente radicata sul territorio e inserita nel tessuto economico e sociale italiano”. Quanto ai tempi del negoziato, Unicredit spiega che non si dovrebbe superare il limite del primo trimestre 2020. Le premesse, però, con i sindacati sul piede di guerra, fanno pensare a una trattativa tutta in salita e per nulla semplice da portare a compimento.