"L'aggiornamento, a tutto il 2017, dei dati dell’Osservatorio nazionale sul precariato dell’Inps conferma le valutazioni dell’Ires Cgil Umbria. Continua a diminuire il lavoro a tempo indeterminato e dilaga quello precario e povero. Potremmo dire che l’unico dato certamente in crescita in Umbria è proprio l’aumento del lavoro precario e senza diritti". È quanto afferma Mario Bravi, presidente Ires Cgil Umbria.

"Vediamo i dati sulla regione, relativi al periodo gennaio-dicembre 2017: assunzioni a tempo indeterminato 10.839; assunzioni a tempo determinato 60.952; stagionali 3.029; apprendistato 5.586. Quindi, un complesso di attivazioni nel 2017 pari a 80.406, mentre le cessazioni sono state 76.551. Tenendo conto anche delle trasformazioni a tempo indeterminato da altri contratti, il complesso dei nuovi rapporti a tempo indeterminato è pari a 15.776 unità, il 19,8% del totale, una percentuale più bassa della media nazionale, pari al 23,2%", prosegue il dirigente sindacale.

"Inoltre, il saldo, sempre per quanto riguarda i tempi indeterminati, è negativo. Infatti, le cessazioni (18.665) sono superiori alle attivazioni sommate alle trasformazioni (15.776). Sappiamo, naturalmente, che il numero dei contratti non corrisponde al numero delle persone occupate, che, proprio per l'estrema precarietà e durata temporale dei rapporti (il 30% dei contratti ha una durata media di 1,4 giorni), sono costrette ad attivare più contratti anche nell’arco di pochi mesi. Non a caso - secondo l'Istat -, in Umbria nel II trimestre 2017 l’occupazione complessiva è diminuita", aggiunge il sindacalista.

Infine, c’è da mettere in evidenza che nel crollo dei contratti a tempo indeterminato, rispetto al 2016, l'Umbria detiene il record negativo, con il calo più consistente (-16,3%, a fronte di un calo nazionale del –7,8%). Insomma, il quadro occupazionale umbro del 2017 - dopo la fine dell'effetto incentivi e l'evidente fallimento del Jobs Act - conferma l’allarme lavoro nella Regione e ripropone l’esigenza di restituire dignità e diritti al mondo del lavoro, soprattutto quello giovanile, perché è evidente che non si può costruire il futuro dell’Umbria e del Paese sul lavoro povero e precario", conclude l'esponente Cgil.