Dall’analisi dei bilanci dei Comuni realizzata dallo Spi Cgil emerge un quadro molto preoccupante dello stato di salute del welfare nel nostro paese. Un quadro frutto delle scelte sbagliate e inique operate da chi ci ha governato fino ad oggi che hanno portato a una forte riduzione dei trasferimenti locali, all’aumento della spesa nazionale e all’indebolimento della protezione per le persone più fragili ed esposte.

L’analisi che abbiamo realizzato ci permette
di avere una visione generale, ma anche di fare un confronto tra singoli enti, potendo così distinguere tra quelli virtuosi e quelli meno virtuosi. I quasi 8 mila bilanci che abbiamo analizzato evidenziano che senza un cambio di rotta le differenze sociali continueranno inesorabilmente a crescere. È aumentato, infatti, in modo insostenibile il peso della pressione fiscale e delle tariffe locali.  A questo dato si accompagna il taglio pesante delle risorse per il welfare, ove alla riduzione di 656 milioni di euro dei fondi nazionali si aggiungono altri 252 milioni di spesa sociale dei Comuni.

E una forte riduzione degli investimenti
che non potrà che lasciare segni nel futuro.La spesa destinata alla gestione delle amministrazioni, invece, si è ridotta assai poco, soprattutto per effetto del blocco della contrattazione e degli organici, molto meno per effetto di interventi per l’efficienza e l’efficacia della pubblica amministrazione. Abbiamo bisogno, negli enti locali come nel paese, di scelte diverse, volte a rilanciare il sistema di welfare e quindi lo sviluppo. Scelte che vorremmo fossero condivise, riconoscendo che le organizzazioni sindacali hanno un ruolo anche nella promozione e nella tutela dei diritti di cittadinanza.

Per questo intendiamo intensificare l’attività
di negoziazione sociale in ogni territorio, per conquistare equità, servizi e anche risorse agli enti locali. Risorse da recuperare non con la strada (facile, ma iniqua) delle addizionali Irpef e delle manovre tariffarie indiscriminate, ma con la lotta all’evasione fiscale, agli sprechi e ai privilegi. Chiediamo che ovunque siano sottoscritti “patti antievasione” efficaci tra Comuni e Agenzia
delle entrate, e che si apra il confronto per l’elaborazione di “patti antispreco e per l’efficacia della pubblica amministrazione” generati dal confronto tra il sapere dei pubblici dipendenti e quello dei cittadini-utenti.

La contribuzione chiesta ai cittadini deve
recuperare in progressività, sia con riferimento al sistema fiscale che a quello tariffario. Troppe volte questa progressività non c’è, e anzi il carico maggiore grava sui redditi più modesti e da lavoro. Su chi non può evadere dal prelievo alla fonte e non può sfuggire a tariffe e a imposte che non valutano differenze oggettive. Come quelle determinate nella produzione dei rifiuti, dall’età e dai consumi, oppure nell’incidenza del costo della casa sul reddito per tanti pensionati. Con le risorse così acquisite va rilanciato l’impegno pubblico per assicurare i diritti individuali e collettivi su tematiche fondamentali per lo Stato sociale come la salute, l’istruzione, il lavoro, la mobilità e la sicurezza.

Abbiamo bisogno di una nuova alleanza
tra governi locali e organizzazioni sindacali, perché siamo convinti che questo nostro paese non uscirà dalle sue difficoltà senza che sia costruita una visione comune in grado di recuperare l’ispirazione e le indicazioni della Carta Costituzionale. La sfida che lanciamo a chi governa il paese a ogni livello, da quello nazionale fino a quello locale, è che si rimettano al centro dell’attenzione i bisogni delle persone e che si torni a investire nel welfare e nello Stato sociale. È sicuramente una sfida ambiziosa, ma un sindacato generale e confederale come lo Spi Cgil non può non considerarla come una priorità della propria azione sindacale e di rappresentanza. 

*segretario nazionale Spi Cgil