Qualcosa si muove, ma bisogna fare presto. L'allarme riguarda possibili focolai da Covid-19 nelle carceri, dove le condizioni dei detenuti e degli operatori sono diventate di nuovo precarie a causa soprattutto del sovraffollamento, che non si è ridotto neppure con la diminuzione dei reati e quindi degli arresti. Nei giorni scorsi sono circolati vari appelli al governo per avviare da subito un percorso di vaccinazione in tutti gli istituti penitenziari. Lo hanno detto con forza la senatrice Liliana Segre e il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma. Lo hanno scritto osservatori e operatori del settore.

Gli appelli sono stati rilanciati da Patrizio Gonnella, presidente di Antigone sulle colonne del manifesto. Dal governo – anche considerando le tensioni politiche che ha vissuto negli ultimi giorni – non sono arrivate risposte ufficiali, ma l’amministrazione penitenziaria ha cominciato a rispondere alle sollecitazione dei sindacati degli operatori delle carceri. “Mentre tornano alla ribalta della cronaca i tragici eventi che si sono verificati in carcere durante la prima ondata di contagi da Covid-19, sui quali sono in corso indagini che sapranno chiarire cosa è realmente accaduto – si legge in un comunicato della Funzione pubblica Cgil - nessuno si preoccupa di tutelare la salute di lavoratori e detenuti avviando una massiccia campagna di vaccinazioni in tutto il settore dell'esecuzione penale" .

I dati forniti dalle amministrazioni – spiega ancora la Funzione pubblica che rappresenta anche gli agenti penitenziari - ci dicono che i contagi stanno aumentando e, alle soglie di una possibile terza ondata di contagi, non si può perdere tempo ulteriormente e farsi trovare impreparati come accaduto nel mese di marzo  da anni denunciamo che esiste un problema nella tutela della salute in carcere, come da anni denunciamo che esiste il problema di tutelare la sicurezza sui luoghi di lavoro di coloro che operano nell'esecuzione penale, nella Polizia Penitenziaria, nelle Funzioni Centrali e nella Dirigenza Penitenziaria, costretti a lavorare in luoghi malsani e fatiscenti, dove aumentano le aggressioni e i casi di suicidio, ma le nostre denunce sono rimaste inascoltate".

E l’amministrazione si è mossa. Con una recente circolare (13 gennaio) il Dap, dipartimento amministrazione penitenziaria, si invitano tutti gli operatori che lavorano nelle carceri italiane ad aderire volontariamente alla vaccinazione contro il Coronavirus. Oggi scade il tempo per le risposte. Nella circolare si specificava infatti che la risposta all’adesione alla vaccinazione volontaria dei lavoratori degli istituti di pena sarebbe stata dovuta pervenire entro il 22 gennaio. Vedremo quindi quale sarà la risposta degli operatori. “Le vaccinazione degli operatori interni alla carceri – spiega Stefano Branchi, coordinatore nazionale della polizia penitenziaria della Fp Cgil - dovrebbe cominciare a marzo, almeno secondo le informazioni che abbiamo avuto in questi giorni dall’amministrazione. E’ un’operazione importante che dovrà però coinvolgere anche i detenuti. E non si tratta neppure di una cosa eccezionale visto che in tutto, tra detenuti e operatori, si tratterà di vaccinare circa 130 mila persone in tutti gli istituti”.

“Quello della vaccinazione è un passaggio fondamentale e urgente, ma non basta – commenta poi Florindo Oliverio, della segreteria nazionale della Funzione pubblica Cgil – si tratta infatti di affrontare i tanti problemi che ci portiamo dietro da anni, dal sovraffollamento, alle condizioni strutturali delle carceri. E si tratta poi di riavviare il percorso dell’esecuzione penale esterna che con la pandemia è stato fortemente rallentato. In carcere c’è un problema di salute che prescinde dalla fase attuale della pandemia.” E anche per quanto riguarda la somministrazione del vaccino al personale, precisa ancora Oliverio, si dovrà tenere conto di tutti, dagli agenti al personale educativo e ai rappresentanti delle funzioni centrali. “Insomma il vaccino e la lotta contro l’insorgere di focolai sono la punta di un iceberg di problemi da risolvere con un’ottica più generale, con un Piano che tenga conto di tutti i soggetti e delle specificità del mondo della reclusione”. 

Anche la Cgil nazionale è in campo. In un recente incontro con il ministro della Salute, la Cgil ha sollecitato tra le altre cose un intervento immediato sulle carceri. Per la confederazione sia i dipendenti dell’amministrazione, sia tutti i detenuti devono essere considerati nelle fasce di popolazione a rischio e a cui somministrare prioritariamente il vaccino.

“Le nostre richieste – ci spiega Denise Amerini, responsabile dipendenze e carceri della Cgil nazionale – si basano oltre che sul buon senso, anche sulla Costituzione che garantisce il diritto alla salute per tutti e la certezza della pena. In questo periodo molto complicato sarebbe un grave errore cedere alle tentazioni giustizialiste che circolano nella società, ma anche tra certi politici. Della serie: che ci importa di chi ha commesso reati, che marciscano in carcere”.

Nel frattempo è Patrizio Gonnella a fare il punto. “Secondo i dati forniti dall'Amministrazione penitenziaria – ha scritto sul manifesto del 17 gennaio il presidente di Antigone - vi sono ad oggi 109 positivi nel carcere milanese di Bollate, 59 nell'altro carcere milanese di San Vittore, 54 a Roma Rebibbia NC, 35 nell'altro carcere romano di Regina Coeli, 53 a Sulmona, 40 a Secondigliano e a 40 a Palermo, 29 a Lanciano. Tanti focolai per un totale di 718 detenuti positivi ai quali vanno aggiunti altri 701 operatori penitenziari. Perché la comunità penitenziaria va inserita nelle fasce di popolazione a cui destinare prioritariamente il vaccino? Per due ragioni, una delle quali riguarda la salute pubblica e l'altra l'etica dei diritti umani”.

Il percorso per la vaccinazione degli agenti di polizia penitenziaria si è avviato con il sondaggio del Dap. Ora serve un altro passo, una decisione politica: vaccinare tutti i detenuti subito, senza aspettare l’estate.