Si è tenuto lunedì 6 novembre il secondo incontro al ministero delle Imprese e del made in Italy della vertenza La Perla. Cresce la preoccupazione delle lavoratrici per l'assoluta mancanza di risposte da parte del fondo Tennor rappresentato durante la riunione da tre consulenti e non da Lars Windhorst, discusso uomo d'affari proprietario del brand dell'intimo.

DEBITI ERARIALI
Peggiora il quadro la decisione dei giorni scorsi di un giudice inglese che ha ordinato la chiusura della filiale del Regno Unito per non aver versato tasse per 2,8 milioni di sterline, circa 3,2 milioni di euro. Il sindacato ha immediatamente chiesto verifiche al ministero sul pagamento delle quote previdenziali, assicurative e fiscali prelevate dalle buste paga delle lavoratrici.

INTERNAZIONALE LA PERLA
Ora le 334 lavoratrici sono pronte a dare vita a presìdi davanti alle sedi legali della proprietà del marchio: Amsterdam, Berlino, Londra, Zurigo. Ci sono lavoratrici italiane, inglesi, portoghesi che rischiano di vedersi crollare il mondo intorno a causa della gestione scellerata del fondo e Stefania Pisani, segretaria generale Filctem Bologna, pensa già a come riunire tutte queste vertenze in una “internazionale La Perla” – come deciso dalle lavoratrici in assemblea – per contrastare un piano di razionalizzazioni, tagli e chiusure. “Se Tennor non viene da noi, andremo noi da Tennor” è l'ultimo slogan coniato dalle ragazze della fabbrica del capoluogo emiliano.

STOP ALLE SPECULAZIONI
“Il coraggio di queste lavoratrici per la difesa del posto di lavoro e del marchio La Perla assume il significato di una battaglia generale per la difesa del sistema produttivo del nostro Paese”. Così Ugo Cherubini, segretario nazionale Filctem Cgil ha plaudito all’iniziativa. “Il governo e il Parlamento – ha proseguito – devono assumersi la responsabilità di tutelare il sistema produttivo nazionale". Cherubini ha sottolineato la necessità di norme che impediscano ai fondi finanziari di effettuare operazioni speculative e non industriali.

Intanto governo, Regione, città metropolitana e Comune di Bologna hanno manifestato il proprio impegno per mantenere in vita le produzioni, proteggere i posti di lavoro e preservare un marchio storico come La Perla con o senza l’attuale proprietà.