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A causa del mancato pagamento degli stipendi e della quattordicesima mensilità ai dipendenti dello stabilimento di Fiano Romano, il prossimo 3 luglio, dalle ore 11 alle 13, si terrà un presidio davanti alla sede della società Gruppo Imprima, in via dell’Agricoltura 18. Lo annunciano in una nota congiunta Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil di Roma e Lazio.
Crisi strutturale e gestione opaca
La situazione del Gruppo Imprima continua a destare profonda preoccupazione tra le organizzazioni sindacali, che denunciano il perdurare di gravi inadempienze sul piano retributivo e contributivo. La crisi dell’azienda, definita ormai strutturale, appare in rapido peggioramento e non trova riscontro nelle comunicazioni fornite dalla dirigenza nei mesi scorsi.
Secondo quanto riportato nel comunicato unitario delle tre sigle, le criticità sarebbero state segnalate da tempo, ma mai rappresentate nella loro reale gravità. A confermare il quadro allarmante, vi è anche la decisione di AMCO, principale creditore del gruppo, di escludere qualsiasi rifinanziamento, segnale di una fiducia ormai compromessa nella tenuta industriale del gruppo.
Emergenza occupazionale: 300 famiglie senza reddito
I sindacati denunciano una gestione opaca e priva di trasparenza, che avrebbe portato una storica realtà del Made in Italy a divenire oggi un simbolo di crisi e precarietà. Il blocco degli stipendi, l’assenza di prospettive e il coinvolgimento di circa 300 famiglie prive di reddito tracciano il profilo di una vera e propria emergenza occupazionale.
Ulteriore elemento di criticità è l’avvio della procedura per la cassa integrazione per cessazione di attività, accompagnata dalla decisione aziendale di non anticipare più l’assegno di cassa. In questo modo, i lavoratori saranno costretti ad affrontare i lunghi tempi di erogazione dell’INPS senza alcuna tutela immediata. Una scelta che, secondo i sindacati, equivale a lasciare i dipendenti abbandonati in una fase già drammatica.
Dubbi su fondi e priorità aziendali
Le organizzazioni sindacali sollevano inoltre interrogativi sulla destinazione dei ricavi provenienti dalle attività esternalizzate. Viene ritenuto inaccettabile che, in un simile contesto, si privilegi il pagamento dei fornitori rispetto a quello dei dipendenti, privati del diritto fondamentale a percepire un reddito. In una situazione così delicata – sottolineano i sindacati – l’azienda dovrebbe mettere al centro le proprie lavoratrici e i propri lavoratori, garantendo almeno la dignità salariale e il sostentamento quotidiano.
Le proteste anche in Lombardia
La mobilitazione di Fiano Romano si inserisce in un quadro di proteste diffuse su scala nazionale. Già lo scorso 23 giugno, oltre 260 lavoratrici e lavoratori degli stabilimenti di Lonate Pozzolo (Varese) e Bulgarograsso (Como) hanno dato vita a presìdi e assemblee sindacali per denunciare problematiche analoghe: stipendi arretrati, incertezza occupazionale e cassa integrazione a zero ore.
Promosse da Filctem Cgil, Femca Cisl e le Rsu di sito, le iniziative hanno messo in evidenza l’assenza di risposte concrete da parte della direzione aziendale e l’adozione di una strategia, definita dai sindacati, “strumentale e punitiva”. In particolare, è stata denunciata la minaccia di spegnimento di una caldaia essenziale presso lo stabilimento di Lonate Pozzolo, interpretata come una forma di pressione indebita sui lavoratori.
Un segnale alle istituzioni
Le sigle sindacali coinvolte ribadiscono che la vertenza non può più essere ignorata. È necessario un intervento tempestivo da parte delle istituzioni per impedire che la gestione della crisi resti affidata a scelte unilaterali e opache da parte dell’azienda. La richiesta è chiara: salvaguardare il lavoro, garantire il salario, ripristinare trasparenza e dialogo.