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Il 4 dicembre scorso è arrivata la prima sentenza che applica in modo pieno il nuovo comma 1-bis dell’articolo 29 del d.lgs. 276/2003, quello che prevede il diritto all’azionabilità dell’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori da parte delle organizzazioni comparativamente più rappresentative firmatarie del cosiddetto “Ccnl leader”.
L'ha emessa il Tribunale di Milano e rappresenta, di fatto, un precedente destinato a incidere profondamente sugli appalti privati. Il giudice, accogliendo il ricorso della Filcams, ha infatti condannato due imprese per comportamento antisindacale, imponendo la disapplicazione di due contratti nazionali firmati dall’Ugl e il riconoscimento ai lavoratori delle condizioni economiche e normative previste dal Ccnl sottoscritto da Filcams, Fisascat e Uiltucs
Si tratta di un passaggio fondamentale, perché per la prima volta un tribunale afferma che il nuovo comma 1-bis non è solo un parametro comparativo, ma “un vero e proprio vincolo legale sulla corretta regolazione del mercato del lavoro negli appalti”, la cui tutela è affidata anche al sindacato firmatario del Ccnl leader. In caso di violazione, chiarisce la sentenza, il sindacato comparativamente più rappresentativo può attivare l’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori anche per lavoratori non iscritti.
Secondo il giudice, insomma, il legislatore ha assegnato alla contrattazione leader una funzione di contrasto al dumping contrattuale: ciò comporta l’obbligo di garantire ai lavoratori un trattamento “non inferiore” a quello del contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative del settore. E quel Ccnl, chiarisce testualmente la pronuncia, non è un semplice riferimento astratto: è uno standard minimo legalmente vincolante, che tutela sia l’interesse dei lavoratori sia quello collettivo dell’organizzazione sindacale che presidia il settore. Ne parliamo con Alessandro Genovesi, responsabile contrattazione inclusiva e appalti della Cgil nazionale.
Quali principi vengono stabiliti con la sentenza di Milano?
“Con la sentenza vengono sanciti alcuni importanti principi generali e che riguardano tutti i settori. Il comma 1-bis dell’articolo 29 è stato fortemente voluto dalla Cgil che su questo si è mobilitata anche con scioperi e manifestazioni per portare negli appalti privati, dove c’è la vera giungla, alcune tutele e alcuni principi regolatori conquistati nel Codice degli Appalti pubblici. In particolare, che è l’attività oggetto dell’appalto che concretamente si svolge che determina l’obbligo di riconoscere uno specifico trattamento economico e normativo ai lavoratori impiegati e che tali trattamenti sono quelli dei Ccnl sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative. Cioè, dei Ccnl cosiddetti “leader” o “Cccnl paradigma”.
Cosa ci dice in concreto la sentenza di Milano?
Dichiara che, in virtù del nuovo comma 1 bis, la norma – di carattere generale – è stata violata dalle imprese che applicavano Ccnl, come quelli firmati dall'Ugl, non sottoscritti dalla Cgil, in quanto riconoscevano ai propri lavoratori minori tutele economiche e normative rispetto a quanto previsto dal contratto “leader”, ovvero sia quel Ccnl che per quel settore, nel caso specifico vigilanza privata, era sottoscritto da un’organizzazione comparativamente più rappresentativa, la Filcams, rispetto all’Ugl. Il tribunale verifica nel merito quanti iscritti ha la Filcams, quanta diffusione ha lo specifico contratto, ecc. Questa verifica sugli scostamenti veniva certificata comparando i 5 istituti retributivi e i 14 istituti normativi, di cui proprio al Codice degli Appalti pubblici. Di conseguenza, il Tribunale ha obbligato le imprese a riconoscere a tutti i propri dipendenti, e non solo agli iscritti alla Filcams, i trattamenti economici e normativi del Ccnl leader, cioè quello sottoscritto da Filcams, Fisascat e Uiltucs.
Ma il Tribunale fa anche un'altra importante valutazione…
Sì, il giudice riconosce che il nuovo comma 1 bis dell’articolo 29 stabilisce un principio regolatorio di portata generale, che va oltre la condizione soggettiva dei singoli lavoratori, evidenziando che le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative hanno ora una funzione specifica riconosciuta dalla legge. Cioè, hanno il “potere-dovere” di vigilare sul rispetto della nuova norma che conferisce loro uno status, quello di firmatari dei Ccnl leader, che sono il riferimento per i trattamenti da applicare ai lavoratori degli appalti. Fino a legittimare la possibilità di attivare l’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, per rimuovere eventuali violazioni del nuovo comma 1 bis. Anche in assenza di lavoratori a loro iscritti.
E tutto questo che effetti avrà sulle battaglie della Cgil?
Quante volte molti lavoratori o lavoratrici, a cui si applicano “contratti pirata”, non sono nelle condizioni di fare vertenza o di iscriversi alla Cgil perché ricattati, per timore di perdere il posto di lavoro, soprattutto se lavorano negli appalti? Ora questa condizione non impedirà più alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative di intentare vertenze o cause ex articolo 28 dello Statuto anche in assenza di iscritti. È un’arma in più, potenzialmente molto efficace, per sostenere la battaglia della Cgil contro dumping contrattuale, concorrenza sleale, sotto salario. Uno strumento in più perché i diritti non vengano più appaltati, per stare allo slogan della nostra campagna nazionale.






















