“Uno sciopero di avvertimento”. Così Michele De Palma, segretario generale Fiom Cgil definisce le quattro ore di stop delle metalmeccaniche e dei metalmeccanici del Centro-Nord, dichiarate per oggi (venerdì 7 luglio) assieme a Fim Cisl e Uilm Uil. Uno sciopero che sarà replicato lunedì 10 luglio, con altre quattro ore per i lavoratori del Lazio e del Mezzogiorno.

Presidi e manifestazioni si tengono in Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana e Marche. Michele De Palma è a Bologna per partecipare al presidio davanti ai cancelli di Industria Italiana Autobus (appuntamento alle ore 13.30 in via San Donato 190). Lunedì 10 luglio, invece, sarà la volta di Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

“Vogliamo avvertire il governo e il sistema delle imprese del fatto che la mancanza di politiche industriali rischia di determinare un deserto nel nostro Paese”, prosegue De Palma, rilevando che i metalmeccanici intendono “difendere e promuovere l’industria, ma un'industria che sia più compatibile con le condizioni ambientali”.

Governo e salari

I metalmeccanici chiedono l’apertura di “un confronto tra esecutivo e parti sociali per condividere linee di intervento pubblico che convoglino investimenti sul settore”. Fiom, Fim e Uilm rilevano la necessità di “strategie industriali che impediscano delocalizzazioni, acquisizioni finalizzate esclusivamente a creare valore e dividendi agli azionisti che spesso producono desertificazione industriale, soprattutto al Sud”.

Nel video-appello il segretario generale Fiom evidenzia che i lavoratori italiani “vogliono realizzare la transizione ecologica, digitale, industriale: la transizione si fa se la fanno i lavoratori, sia chi sta in produzione sia chi si occupa di ricerca e sviluppo”. Una trasformazione che andrà attuata “garantendo e rigenerando l'occupazione, con donne e giovani che devono entrare nelle fabbriche metalmeccaniche per costruire il futuro del Paese”.

Michele De Palma si sofferma anche sull’annosa questione del salario. “Abbiamo garantito la difesa del potere d'acquisto realizzando 123,40 euro di aumento sui minimi contrattuali e dimostrando la centralità della contrattazione”, precisa il segretario generale Fiom Cgil, concludendo con un invito al governo “a detassare gli aumenti contrattuali”.

Un caso di scuola: l’automotive

Dal 1999 in Italia abbiamo prodotto il 66% di auto in meno. Questi i risultati diffusi il 23 giugno scorso dalla Fiom Cgil Milano nel corso del convegno “Costruire l'industria della mobilità ecologica”. Nel 1999 fabbricavamo 1,4 milioni di auto, nel 2022 siamo scesi a 473 mila, diventando il Paese europeo con il maggior calo produttivo (-66,45%). E ancora: nel 1999 eravamo il quinto Paese produttore (dopo Germania, Francia, Spagna e Regno Unito), mentre oggi siamo al nono posto, tallonati dall’Ungheria (che produce 440 mila vetture all’anno).

Un declino che ha pesato anche sull’occupazione del settore: nel 1995 i dipendenti erano 210 mila, nel 2020 sono scesi a 172 mila (-17,8%). Tra il 2009 e il 2022 sono state autorizzate 817 milioni di ore di cassa Integrazione, corrispondenti a 28.121 posti di lavoro al mese, con la conseguente perdita di salari stimata tra 1,6 e 1,9 miliardi di euro.

“La situazione della mobilità sostenibile è molto preoccupante, bisogna chiedersi se stiamo in un processo di transizione o di dismissione della produzione di mobilità”, ha commentato De Palma, rilevando che “l’Italia ha un ritardo rispetto agli altri Paesi europei, con una crisi del settore che va avanti da più di dieci anni”.

Il segretario generale Fiom ha poi osservato che “produciamo meno di 500 mila vetture all’anno e non abbiamo più l'industria degli autobus”. Ma potremmo, ha concluso, tornare a “produrre 1,8 milioni di veicoli perché abbiamo la capacità installata per farlo e possiamo fabbricare migliaia di autobus negli stabilimenti di Bologna e di Flumeri (Avellino)”.