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“Forte preoccupazione e totale contrarietà” esprimono Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil rispetto al piano di esuberi annunciato mercoledì 14 maggio dalla multinazionale tedesca Dradura, leader nella produzione e nella lavorazione del filo meccanico, per lo stabilimento di San Donà di Piave (Venezia), acquistato nel 2006.
“La dichiarazione di 45 esuberi, su un totale di 146 lavoratori e lavoratrici, e l’intenzione di ricorrere al contratto di solidarietà, rappresentano l’ennesimo esempio di crisi industriale gestita interamente a scapito delle lavoratrici e dei lavoratori”, commentano le tre sigle sindacali.
Dradura: “Trend negativo ormai consolidato”
“Negli ultimi anni il bilancio della sede di San Donà di Piave è stato costantemente in perdita”, spiega l’azienda, aggiungendo che esso è stato “solo in parte compensato dalle buone performance dello stabilimento di Conzano, che tuttavia non sono riuscite a invertire un trend negativo ormai consolidato”.
Da qui, la necessità di “ricorrere a misure straordinarie per lo stabilimento, accompagnate da un percorso di ristrutturazione. L’alternativa, se non si dovesse prendere questa decisione ora, sarebbe quella di rischiare di dover chiudere lo stabilimento in un prossimo futuro. Disinnescare oggi una situazione critica consente, infatti, di proteggere la struttura industriale e l’occupazione residua, preservando l’attività del sito produttivo sperando in una ripresa nel medio lungo periodo”.
Nella nota ufficiale la società così conclude: “È dunque con la massima attenzione alle persone che ne saranno coinvolte e con l’impegno che la situazione richiede, che l’azienda ha ritenuto necessario avviare un confronto con le organizzazioni sindacali con l’obiettivo di individuare soluzioni condivise per gestire un piano di esuberi di 45 unità”.
Sindacati: “Problemi non affrontati per tempo”
“È inaccettabile che per mesi la direzione aziendale abbia minimizzato la situazione, parlando di difficoltà sotto controllo, salvo poi comunicare la presenza di gravi perdite economiche per centinaia di migliaia di euro”, riprendono le tre categorie: “Una crisi così profonda non può essere emersa all’improvviso. È evidente che si è scelto consapevolmente di non affrontare per tempo i problemi, evitando il confronto con noi e nascondendo la reale portata della situazione economico/finanziaria”.
Fiom, Fim e Uilm riconoscono “il contesto complicato, segnato dal calo degli ordinativi e dalla perdita di importanti commesse, tra cui quella di Ikea”, ma denunciano “l’assenza di qualsiasi visione industriale. Non esiste nel comunicato stampa aziendale un piano di rilancio, né un progetto che parli di diversificazione: solo tagli al personale, come soluzione unica e immediata”.
I sindacati, dunque, reputano inaccettabile che “dopo anni di sacrifici, cassa integrazione e sospensioni, i lavoratori e le lavoratrici siano ancora una volta l’unica leva sulla quale agire per far quadrare i conti. È necessario un cambio di rotta immediato: serve un piano industriale credibile, che garantisca continuità produttiva e occupazionale per il territorio”.
Le tre sigle, in conclusione, chiedono all’azienda “trasparenza, responsabilità e un confronto vero. Non ci limiteremo a discutere di ammortizzatori sociali: vogliamo garanzie occupazionali, impegni contrattuali concreti e una strategia chiara per il futuro del sito di San Donà. Saremo al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori in ogni fase di questa vertenza, pronti a mettere in campo tutte le iniziative necessarie per difendere l’occupazione, la dignità e il valore del lavoro”.