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“Un intervento fisiologico dopo la fusione”. Così la Coop Alleanza 3.0, il colosso della grande distribuzione nato nel 2016 dalla fusione di Coop Adriatica, Coop Estense e Coop Nordest, ha presentato il 9 gennaio scorso il suo piano industriale. Tutto fondato su una una gigantesca ricollocazione di lavoratori: 400 nel 2019 e 300 nel 2020. Una riorganizzazione ancora da definire, che oggi (martedì 5 febbraio) sarà al centro dell’incontro tra società e sindacati. Il piano, aggiunge la società, ha lo scopo di “revisionare le strutture centrali, eliminare ridondanze di ruoli o attività, semplificare i processi”, e riguarda 700 lavoratori del comparto impiegatizio (su 1.500), ossia quasi la metà del personale impiegato nelle sei sedi amministrative.
“La zona più colpita sarà l'Emilia Romagna, perché le sedi delle tre cooperative che si sono fuse erano qui, a Bologna, Modena e Reggio Emilia”, commenta Ilaria Mattioli (Filcams Cgil Bologna). L’azienda ha promesso che il “costo occupazionale sarà pari a zero”, dunque non ci dovrebbero esserci esuberi, ma tutto dovrebbe essere gestito sia attraverso incentivi all’esodo volontario rivolti a lavoratori e lavoratrici vicini al pensionamento sia mediante ricollocazioni all’interno dei punti vendita. “Siamo interessati al confronto finalizzato alla ricollocazione – aggiunge Mattioli – ma siamo preoccupati del ‘come’ questo verrà realizzato”.
La Coop Alleanza 3.0 ha 5,6 miliardi di euro di giro d’affari consolidato: conta 2,3 milioni di soci, 22 mila lavoratori (di cui, appunto, 1.500 nel comparto amministrativo) e 421 negozi in 12 regioni (includendo anche le società controllate). Il piano della Coop Alleanza 3.0, che verte sull’unificazione delle sedi amministrative (Bologna, Mirano, Modena, Ravenna, Reggio Emilia e Pordenone), nasce dalle difficoltà che il gigante della distribuzione organizzata ha incontrato negli ultimissimi anni. Il bilancio del 2017 si è chiuso con una perdita di 37,6 milioni di euro e un calo delle vendite dell'1,6 per cento. Positiva, invece, la gestione finanziaria, che si è chiusa con +149,9 milioni.
“Colpisce negativamente la dimensione degli esuberi annunciati e la tempistica, col 60 per cento di questi previsto già nell’anno in corso”, spiega una nota della Filcams Cgil Modena. Il sindacato rileva anche di “aver assistito, dopo la fusione, a un netto peggioramento delle relazioni sindacali” e di aver denunciato “negli ipermercati e nei supermercati una condizione negativa in termini di carichi di lavoro, di abusi sulla gestione degli orari individuali, di problemi di relazione tra lavoratori e gruppi dirigenti. Temi che di certo non hanno migliorato né la qualità del lavoro né il servizio offerto a soci e clienti”. Da qui la necessità, conclude la Filcams modenese, di cogliere “la complessa vertenza che si è aperta sugli esuberi come un’occasione per recuperare una significativa dimensione territoriale di confronto”.