La situazione alla Brugola Oeb di Lissone ancora oggi 2 febbraio, registra purtroppo lo stato di difficolta in cui si trovano circa 40 lavoratori in Cigo a causa della pandemia di Covid e, come dichiara anche l’azienda sulla stampa rispondendo alla denuncia delle organizzazioni sindacali per la situazione di mercato del settore automotive nel quale opera la Brugola.

“Quello che però fa specie e non dice la direzione è che l’utilizzo della cassa integrazione, che non è un problema utilizzare laddove necessario, riguarda sempre e solo i soliti lavoratori che non sono mai stati fatti rientrare al proprio posto di lavoro e che quindi, nonostante ci sia la possibilità, non viene effettuata con la rotazione” spiega Stefano Bucchioni, della Fiom Cgil di Monza e Brianza.

Inoltre, a seguito di convocazione a colloqui individuali con il direttore aziendale a fine 2020 dei lavoratori sospesi dal lavoro, a inizio 2021 nonostante le normative nazionali emanate dal Governo per la gestione della fase emergenziale dovuta alla pandemia prevedono il divieto di licenziamento, la Brugola ha comunque proceduto a interrompere il rapporto di lavoro con qualche lavoratore che già era in cassa integrazione, continuano a denunciare le tre sigle delle tute blu.

“Tali cessazioni di rapporto sono state fatte non solo in pieno divieto di licenziamento ma anche senza rispettare le normative previste per i licenziamenti collettivi che deve essere effettuata, come previsto dalla legge 223/91, se si effettuano più di cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni” spiegano ancora i sindacati.

“La procedura citata prevede il conseguente coinvolgimento dei sindacati in rappresentanza dei lavoratori, per trovare soluzioni e accordi, anche alternative al licenziamento, che però ripeto ad oggi e fino al 31 marzo, salvo nuove proroghe nazionali, sono bloccati - precisano le sigle di categoria -. Nell’eventuale necessità, di dover ridurre la struttura, le norme ad oggi prevedono, sempre attraverso accordi collettivi con le organizzazioni dei lavoratori, di consentire eventuali uscite che devono essere volontarie, ma anche questo percorso differentemente da quello che dichiara la dirigenza di Brugola è stato aggirato”.

“I lavoratori che hanno accettato di uscire, anche perché in difficoltà economica dopo un lungo periodo di cassa integrazione e a seguito di proposta economica per non impugnare il licenziamento messo sul piatto dall’azienda, non sono usciti come cercano di fare passare attraverso accordi collettivi con le sigle. territoriali presenti in azienda – chiarisce Bucchioni –, ma attraverso il meccanismo in cui il lavoratore accetta, digerisce, di essere licenziato in cambio di un importo economico che garantisce l’azienda rispetto alla non impugnazione del licenziamento e quindi si firma tra le parti una conciliazione. Queste conciliazioni non sono accordi con i sindacati, differentemente da ciò che sostiene l’azienda”

“Inoltre, le conciliazioni sottoscritte non sono state fatte con Fiom, Fim e Uilm territoriali che hanno iscritti tra i lavoratori e seguono gli stabilimenti brianzoli di Brugola. Non si può quindi sostenere che vi sia accordo sindacale su questa operazione”, tengono a rimarcare gli esponenti sindacali".     

Infine, tengono nuovamente a ribadire i sindacati, “non è possibile che con arroganza, presunzione e possibilità economica a disposizione, ci sia chi pensa di poter aggirare le normative contrattuali e le leggi. In un paese che vuole essere considerato civile, evoluto e democratico bisogna fare sì che vi sia il controllo sul rispetto delle norme” dicono le organizzazioni dei metalmeccanici territoriali.

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