I sindacati, dopo essere state attenzionati dalle lavoratrici e dai lavoratori delle aziende cinesi coinvolte nell’indagine della guardia di finanza e aver verificato le condizioni di sfruttamento perpetrate dai titolari cinesi, “hanno immediatamente chiesto l’attivazione di un tavolo di crisi presso la città metropolitana di Bologna al fine di affrontare i diversi nodi che questa indagine fa emergere in modo eclatante”. Lo affermano Giulia Santoro e Mirto Bassoli, Camera del Lavoro di Bologna, e Stefania Pisani, Filctem Cgil Bologna.

Nello specifico, spiegano, “ci troviamo di fronte ad una situazione nella quale ci sono diverse problematiche da dover immediatamente affrontare, al fine di ridurre l’ingente danno che queste situazioni di sfruttamento determinano nel tessuto sociale e produttivo:

- le lavoratrici e i lavoratori che avevano un contratto regolare sono sospesi dall’attività lavorativa, sono senza retribuzione e non ci sono le condizioni per poter oggi attivare degli ammortizzatori sociali, sia perché materialmente manca un soggetto titolato a richiederli (essendo gli imprenditori sottoposti a misure restrittive) ma anche perché risultano notevoli irregolarità nel versamento dei contributi;

- le lavoratrici e i lavoratori irregolari, dopo essere stati trovati presso i locali aziendali ed essere stati identificati, hanno ricevuto incomprensibilmente, un “foglio di via” pur essendo stati trovati in evidente condizione di sfruttamento e schiavitù; stiamo pertanto cercando di intercettarli dal momento che sono tutti scomparsi per far comprendere loro che hanno diritto ad un permesso di soggiorno per sfruttamento ma avendo incomprensibilmente ricevuto un foglio di via hanno poco tempo per ricorrere e reclamare quanto gli sarebbe spettato d’ufficio sulla base della normativa vigente”.

Come organizzazioni sindacali, proseguono, “abbiamo inoltre sottolineata la necessità che si apra un tavolo istituzionale al fine di individuare azioni congiunte tra organizzazioni e istituzioni che interrompano questa diffusissima degenerazione del settore tessile del Paese”. 

“Riteniamo che l’eccessiva “disattenzione” delle aziende committenti – infine -, impegnate a spuntare prezzi competitivi anche da aziende che operano in modo illegittimo, oltre ad alimentare un sistema illegale di sfruttamento del lavoro, oltre a determinare indebiti guadagni, crea concorrenza sleale e quindi l’espulsione dal sistema produttivo delle tante aziende artigiane che applicano correttamente le normative”.