Nulla di fatto, di fronte al Ministero dello sviluppo, nel primo incontro tra le rappresentanze sindacali di Fim e Fiom e i dirigenti del gruppo multinazionale inglese Praesidiad, proprietari dello stabilimento Betafence Italia di Tortoreto, in provincia di Teramo.
Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, il gruppo controllato dal fondo Carlyle ha annunciato la chiusura dello stabilimento entro la fine dell'anno per spostare le produzioni in Polonia. Parliamo di una storica azienda abruzzese operativa fin dagli anni Sessanta sotto il marchio 'Metallurgica Adriatica' che produce recinzioni metalliche e sistemi di sicurezza esportati in tutto il mondo con i bilanci stabilmente in positivo.

Parte dei lavoratori hanno seguito l'incontro da Roma, nel palazzetto della Flm che ospita le sedi nazionali delle federazioni confederali dei metalmeccanici. I loro colleghi erano a Tortoreto, in presidio davanti ai cancelli della fabbrica. Niente sit-in in via Molise, davanti al Ministero dello sviluppo economico, in una giornata che ha infranto il rito del confronto in presenza da una parte e dall'altra del tavolo di trattativa.

 

Durante la riunione, in inglese, con l'ausilio di una traduttrice, il gruppo ha genericamente dichiarato che lo stabilimento non produce utili e che per questo motivo intende chiuderlo. Teoria confutata dai sindacati e dai lavoratori che hanno illustrato come, nonostante la pandemia, anche il 2020 si chiuderà con il segno più e un miglioramento dei conti rispetto all'anno precedente. Il ministero a questo punto ha chiesto all'azienda di mostrare queste cifre, aggiornando il tavolo alla prossima settimana.

"Qualche anno fa Betafence ha chiuso in Inghilterra per aprire in Polonia – ce lo ricorda Carmine Ranieri, segretario generale della Cgil Abruzzo e Molise – . In realtà le aziende non sono in crisi né in perdita, ma con la scusa dell'emergenza sanitaria si ritirano dai nostri territori. Un segnale molto preoccupante – sottolinea Ranieri – perché sta crescendo il numero di società che per convenienza decidono di ridurre la filiera e delocalizzare.

"Si tratta di una vertenza anomala – spiega Claudio Gonzato della Fiom – perché Il vero interlocutore è un fondo finanziario. Serve un’attenzione particolare da parte del governo sugli asset industriali del nostro Paese rispetto a quanto accade sui mercati". Per il dirigente delle tute blu della Cgil, la ricchezza si produce lavorando e non speculando come sta facendo il gruppo finanziario che controlla l'azienda".

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