Sarà un incontro fuori dal comune quello che avverrà domani alle 16 tra i vertici del Ministero dello sviluppo economico e le rappresentanze sindacali di Fim e Fiom. Un tavolo che i lavoratori della Betafence di Tortoreto attendono da settimane, da quando l'azienda ha annunciato la chiusura dello stabilimento come conseguenza della pandemia da Covid-19. Un tavolo virtuale che vedrà tutti gli attori intervenire in collegamento dal proprio personal computer. L'ennesima certezza che viene meno in tempi di virus: domani - nonostante lo sciopero annunciato dalle maestranze - non si terrà alcuna mobilitazione davanti all'ingresso del Mise. Non ci saranno dichiarazioni a favore di telecamera e nessun pullman posteggiato dalle parti di piazza Barberini. Le tute blu seguiranno una accanto all'altra l'incontro dalla sede nazionale della Fiom.

La posta in gioco è altissima: la storica azienda di recinzioni metalliche è entrata nell'orbita di un fondo finanziario che vuole chiudere uno stabilimento che produce utile per delocalizzare la produzione in Polonia. Una decisione che comporterebbe la perdita di tutti i 155 posti di lavoro.

I metalmeccanici attendono risposte concrete e soprattutto chiarezza sulle reali motivazioni del gruppo. In effetti, nonostante la pandemia, le casse sono floride ed è anche per questo che la scelta di chiudere la sede teramana risulta ancora più inaccettabile. Al 31 luglio, infatti, il fatturato si è attestato intorno a 20 milioni e quattrocentomila euro, praticamente in linea con i 21 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. A crescere più del 20%, però, è l’EBITDA (l’indicatore che misura laricchezza generata dell’azienda). Un valore passato dagli ottocentomila euro del 2019 ai 2 milioni e duecentomila euro dell'anno in corso. Con un'impennata dei guadagni da parte della proprietà di Betafence. La stessa proprietà che intende cancellare il sito abruzzese per riaprirlo in Polonia. Ma i lavoratori intendono dare battaglia.

Leggi anche

Italia

Multinazionali in fuga

In Abruzzo una crisi senza fine interessa migliaia di lavoratori, tra infrastrutture obsolete e investimenti che latitano. E per molti di loro c’è stato anche il terremoto. Parla Carmine Ranieri, segretario generale della Cgil regionale
Multinazionali in fuga
Multinazionali in fuga