Eccolo, il licenziato numero uno. Dopo due anni di presidi e sit-in la prima cicatrice visibile di una ferita al cuore per la tradizione produttiva di Napoli e dello storico stabilimento di via Argine è arrivata. Per i 400 operai, cresciuti a pane e lavatrici, questo piccolo foglio di carta bianco è il grande sipario rosso che si abbassa definitivamente sulla fabbrica da cui sono uscite, per decenni, le migliori lavatrici sul mercato. 

"Con la presente - si legge in una delle lettere inviate ai lavoratori e rese note dal sindacato - Le comunichiamo il recesso della nostra società dal rapporto di lavoro con lei intercorrente con effetto immediato al ricevimento della presente, esonerandola dal prestare attività lavorativa durante il periodo di preavviso contrattualmente a lei spettante". Ieri l'ennesima fumata nera dal vertice al Mise, con nuove accuse dalle organizzazioni dei metalmeccanici all'azienda e al governo. Domattina alle 9 nuova assemblea di fabbrica degli operai.

Gli americani hanno deciso, di punto in bianco, anni fa ormai, in barba agli accordi firmati con i sindacati, agli impegni sottoscritti con i governi, ai soldi presi come incentivo dallo Stato italiano, di buttare tutto a mare. Peccato che qui non ci fosse acqua sporca, ma solo un bambino, paffuto e in salute, uno stabilimento capace di sfornare elettrodomestici di alta gamma che hanno vinto premi fino all'ultimo istante di vita delle linee di produzione. Perché tutto si potrà dire - forse - ma gli operai napoletani le lavatrici le sapevano fare meglio di tutti.

"La tracotanza di Whirlpool non ha limiti. La multinazionale, contravvenendo agli impegni presi, ha inviato oggi pomeriggio le prime lettere di licenziamento alle lavoratrici e ai lavoratori dello stabilimento partenopeo di via Argine", scrivono Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom Cgil e responsabile elettrodomestico e Rosario Rappa, segretario generale Fiom Cgil Napoli.  

"Questo ennesimo atto di arroganza arriva proprio mentre aspettiamo la sentenza del Tribunale di Napoli che dovrà decidere sul ricorso presentato da Fim Fiom Uilm sulla condotta antisindacale della multinazionale americana. A dimostrazione del fatto che Whirlpool, oltre a fare carta straccia degli accordi sindacali siglati con il Governo, non rispetta neanche la magistratura italiana.

A giorni il Governo dovrà convocarci con i ministri del Lavoro e dello Sviluppo economico che dovranno assumersi la responsabilità di costruire un percorso per dare continuità occupazionale alle lavoratrici e ai lavoratori di Napoli. Un percorso che scongiuri i licenziamenti, che per noi sono inaccettabili. La lotta proseguirà fino a quando lo stabilimento di via Argine non riprenderà a produrre. Non abbandoneremo mai le lavoratrici e i lavoratori".

(Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom Cgil)

"La misura è colma: la multinazionale Whirlpool, con un tavolo di crisi del governo ancora in atto, con il coinvolgimento della Regione Campania e del Comune di Napoli, e in attesa del pronunciamento del Tribunale di Napoli, avvia i licenziamenti dei lavoratori, dimostrando arroganza e mancanza di rispetto - scrive in una nota il segretario generale Cgil Napoli e Campania Nicola Ricci  -. Ora i ministri della repubblica ci mettano la faccia, altrimenti in questo Paese ogni gruppo industriale sarà legittimato ad andare via quando vuole, disconoscendo accordi e ruoli istituzionali. Va combattuto l'atteggiamento antisindacale della Whirlpool e garantita la continuità dell'occupazione ai 320 lavoratori di via Argine".

Adesso, come scrivono i sindacati metalmeccanici, non tutto è perduto. Il 15 dicembre è una data segnata in rosso nel calendario. C'è un progetto di reindustrializzazione, un consorzio, l'attenzione delle istituzioni, ma quella lettera fa male e colpisce, dopo anni di mobilitazioni per salvare una fabbrica che resterà nel cuore e nella storia della città, per la sua vita gloriosa e per la tenacia con cui ha lottato fino all'ultimo per non chiudere con la produzione di lavatrici.

Napoli e la gente come questi operai, comunque, non "hanno mollato e non molleranno".