Lo smart working è stato uno strumento straordinario nel periodo di emergenza, a cui le aziende hanno fatto ricorso per proseguire le attività, salvaguardare la salute, garantire la produzione. In questo anno di pandemia ha mostrato i suoi aspetti positivi ma anche grandi criticità. È per questo che “la contrattazione avrà un ruolo forte nella gestione del lavoro agile” afferma la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti al termine dell’incontro tra le parti sociali e il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, un tavolo di lavoro avviato oggi (27 aprile) per definire il perimetro fra norme e contrattazione.

“Lo smart working può offrire una maggiore possibilità di autorganizzazione e autodeterminazione dell’attività lavorativa – aggiunge Scacchetti -, di riduzione degli impatti ambientali, di equilibrio tra tempi di vita e di lavoro, migliorando i processi organizzativi e produttivi delle imprese”. Ma i rischi che corre il lavoratore sono dietro l’angolo: isolamento, segregazione, di iperconnessione e, in alcuni casi, riduzione dei diritti. Per questo a regime e fuori da questa fase emergenziale per il sindacato, tale modalità di lavoro deve tornare a essere volontaria, in cui la prestazione viene resa con in modo alternativo rispetto alla presenza nel luogo di lavoro.

“Siamo convinti che la contrattazione dovrà definire ambiti e modalità di implementazione del lavoro agile – conclude la segretaria Cgil -, regolando quindi tutele e diritti. È importante che qualsiasi intervento nuovo o di modifica della normativa riconosca la necessità che sia la contrattazione collettiva a definire lo schema entro il quale stabilire i diritti: da quello al riposo a quello alla disconnessione, dall’apprendimento permanente alla certificazione delle competenze”. 

La strada indicata dal sindacato, quindi, è quella di un protocollo tra le parti sociali, promosso dal ministero del Lavoro in cui condividere i principi ai quali dovrà riferirsi e richiamarsi la contrattazione collettiva.