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Più di 40 mila provvedimenti di sfratto emessi nel 2024, il 47 per cento nelle città capoluogo, la stragrande maggioranza, cioè 30 mila, per morosità dell’inquilino. Il dato è in crescita del 2 per cento rispetto all’anno precedente.
I numeri li ha resi noti il ministero dell’Interno e dimostrano che il disagio abitativo nel nostro Paese non si arresta, anzi. La quota delle richieste di esecuzione di sfratto presentate agli ufficiali giudiziari è in salita: 81 mila, in crescita del 10 per cento. Mentre quelli eseguiti con l’intervento dell’ufficiale giudiziario rimangono stabili, oltre 21 mila.
Ma quali piani casa?
“Il governo Meloni si limita a propagandare piani casa di cui non c’è traccia – commenta la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi -, ha azzerato i fondi a sostegno dell’affitto, nonostante in tale condizione vivano oltre un milione di famiglie in povertà assoluta, e l’offerta di edilizia pubblica resta assolutamente insufficiente. La casa è un diritto e il servizio abitativo destinato ai cittadini che si trovano in una situazione di disagio economico deve essere considerato come parte dei livelli essenziali delle prestazioni, che vanno garantiti su tutto il territorio nazionale”.
Rifinanziare i fondi
Per il sindacato già dalla prossima legge di bilancio devono essere rifinanziati il fondo di sostegno all’affitto e il fondo per la morosità incolpevole con almeno 900 milioni di euro. Occorre aumentare l’offerta di edilizia residenziale pubblica, che è assolutamente insufficiente, con lunghi tempi di attesa per le graduatorie e ancor più lunghi per l’assegnazione degli alloggi: serve un programma pluriennale per aumentare di 600 mila unità il patrimonio, anche attraverso la riqualificazione degli edifici non utilizzati e con processi rigenerativi di immobili dismessi, caserme, aree ferroviarie.
Bisognerebbe inoltre rivedere il regime fiscale legato alle locazioni, per incentivare al massimo il canone concordato e favorire quelle di lunga durata che in molte città sono sfavorite dal fenomeno degli affitti brevi, per il quale ci vorrebbe una legge nazionale per dare la facoltà ai comuni di definire limiti e divieti.
Fenomeno affitti brevi
Tornando ai numeri degli sfratti 2024, infatti, duemila provvedimenti sono stati emessi per necessità del locatore e oltre 8 mila per finita locazione: si tratta di immobili che tornano nella disponibilità dei proprietari e sempre più spesso sono destinati agli affitti brevi turistici, nettamente più redditizi delle locazioni residenziali, e che stanno causando processi di espulsione delle famiglie a reddito più basso.
“L’assenza di qualunque politica di sostegno all’affitto – afferma Emiliano Guarneri, segretario nazionale del Sunia -, di offerta abitativa pubblica che possa incrociare i bisogni non solo delle famiglie in emergenza abitativa, con l’accesso a una casa popolare, ma anche di quel ceto medio impoverito al quale il libero mercato non riesce a offrire una soluzione, non è più sostenibile. La rendita ha completamente sopraffatto il reddito, e se non si attuano politiche che restituiscano ai redditi di lavoratori e pensionati la capacità di avere una vita dignitosa, garantendo l’accesso ai servizi primari come la salute e la casa, la situazione rischia di avvicinarsi a un punto di non ritorno”.
Capitolo Pnrr
Poi c’è il capitolo Pnrr, su cui siamo molto in ritardo. I progetti di rigenerazione urbana, i piani urbani integrati, quelli per la qualità dell’abitare, i progetti per la realizzazione degli alloggi per studenti universitari sono tutti ancora da realizzare.
“Serve una nuova politica dell’abitare – conclude Barbaresi – con solidi interventi pubblici in termini economici, fiscali e normativi, una diversa politica degli affitti e una seria lotta al sommerso e alla speculazione, una politica di rigenerazione urbana per garantire sostenibilità sociale e ambientale per città più accoglienti, sostenibili e inclusive”.