Aumento dei salari, riforma fiscale e lotta alla precarietà. Sono queste le tre priorità su cui la Cgil intende battersi nelle prossime settimane, a partire appunto dal “rinnovo dei contratti nazionali che adesso riguardano 12 milioni di lavoratori”, secondo quanto enunciato oggi (martedì 13 febbraio) dal segretario generale Maurizio Landini in un’intervista al Fatto Quotidiano.

Salari e fisco

“Le imprese dovranno mettere mano al portafogli, la proposta del governo di aumenti del 5% non è sufficiente. Occorre recuperare la perdita dell'inflazione che, dati dell’esecutivo, per il periodo 2022-2024 equivale al 17%”, dice il leader Cgil, rimarcando che anche la Banca d'Italia evidenzia “la secca perdita del potere d’acquisto dei lavoratori e la necessità, di fronte all'aumento dei profitti, di un recupero dei salari. Aumento che è anche una condizione per sostenere i consumi”.

Il secondo obiettivo della Cgil è la riforma fiscale, che però dovrebbe essere “di segno contrario alla legge delega votata dal Parlamento”. Per Landini si tratta “di sostenere il lavoro attraverso la lotta all'evasione e intervenire sui sistemi di tassazione: in Italia rendita finanziaria e immobiliare sono tassate meno dei salari e delle pensioni”.

Precarietà e salario minimo

La lotta alla precarietà è il terzo fronte d’azione. “Occorre cancellare forme di lavoro assurde, incentivare la stabilizzazione, rimettere in discussione il sistema folle di appalti e subappalti”, sottolinea Landini, sollecitando anche “un cambiamento del quadro legislativo sul lavoro a partire da una legge sulla rappresentanza e sul valore generale dei contratti nazionali”.

In realtà c’è anche una quarta priorità: il salario minimo. Per Landini è necessario “introdurre il salario orario minimo insieme alla legge sulla rappresentanza. Il governo finora ha fatto il contrario, facendo approvare dal Parlamento una legge delega che introduce di nuovo la logica delle gabbie salariali”.

Tutti obiettivi che la Cgil intende raggiungere “utilizzando diversi strumenti: l'azione contrattuale, il contenzioso giuridico, leggi di iniziativa popolare ma anche referendum abrogativi. Discuteremo al nostro interno nelle prossime settimane, e anche con il mondo associativo, qual è la strada più adatta”.

Stellantis e politiche industriali

“Siamo nel pieno di una trasformazione digitale e climatica, il mercato non può gestire da solo questi processi: il rischio è la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro”, rileva il segretario generale, ricordando che “paghiamo l’assenza di politiche industriali da almeno vent’anni”. Per Landini “serve nei settori strategici l'intervento diretto dello Stato, e siccome le più grandi imprese sono pubbliche c'è bisogno di fare sistema”.

L’intervento dello Stato sarebbe opportuno anche per Stellantis. “Fiom e Cgil l'hanno chiesto già nella crisi del 2010, come avviene alla Volkswagen, Renault o Stellantis lato francese”, rammenta il dirigente sindacale: “L'abbiamo ripetuto nel 2020 quando Fca chiese un prestito al governo. I sindacati metalmeccanici, unitariamente, hanno chiesto a Stellantis e governo un tavolo per garantire la produzione in Italia, e noi li sosteniamo. Le responsabilità non le hanno i lavoratori, ma chi ha i soldi, chi ha governato e aveva le leve per intervenire”.

La pace giusta

Per Landini sono “condivisibili e molto importanti” le recenti prese di posizione di molti artisti sulle guerre in corso. “Stiamo lavorando, insieme ad Assisi pace giusta ed Europe for peace, perché il 24 febbraio ci siano manifestazioni in tutte le province”, conclude il segretario generale Cgil: “È tempo di dire cessate il fuoco e basta con la guerra, e tutti dovrebbero capire che occorre prendere parte”.