Gli anziani e le anziane si sono rivelati i più fragili in questa pandemia, sia quelli ricoverati nelle Rsa che quelli rimasti nella propria abitazione. Una fragilità di cui ci si è dimenticati fino a quando ci si è accorti che erano davvero troppi a non farcela...

Il Paese ha scoperto all’improvviso di essere il secondo nel mondo e il primo in Europa per vecchiaia. Negli ultimi 15 anni abbiamo subito un profondo cambiamento demografico senza rendercene conto ma abbiamo ben il 27 percento della popolazione ultra 65enni. Se ne è parlato molte volte ma non si sono messe in atto politiche conseguenti per affrontare questa realtà. Una comunità che cambia in termini demografici deve cambiare anche abitudini, servizi. Questa epidemia ha messo in evidenza proprio la fragilità dell’età adulta e ha messo allo scoperto le fragilità del sistema a partire dalle Rsa. Quando succedono cose come quelle che stiamo affrontando occorre avviare una riflessione seria su quale nuovo modello mettere in atto. Sicuramente quello che abbiamo oggi non risponde alle necessità dei più esposti. E’ sotto gli occhi di tutti la contabilità delle morti per Coronavirus, ma se avessimo prestato attenzione a quelle che ogni anno si registrano per le conseguenze da influenza o a quelle che si verificano per l’emergenza caldo avremmo capito che la questione della terza e quarta età è un punto debole. Gli anziani sono un soggetto fragile, le fragilità vanno seguite, colmate di servizi che non ci sono. Nella pandemia è successo che il Sistema Sanitario diventato sempre più ospedalocentrico e privato quasi totalmente della medicina di territorio, quella specialistica e quella clinica, si è ritrovato con gli ospedali affogati e con la necessità di dire alle persone restate a casa. A casa o in Rsa quasi abbandonati a loro stessi, senza nemmeno la visita del medico di medicina generale. All’aggravarsi dei sintomi l’unica strada suggerita è stata chiamare il 118 e andare in ospedale dove, a causa dell’intasamento delle terapie intensive troppe volte si è praticato il “si salva chi vale”.

In queste settimane si è alzato il velo sullo scandalo delle Rsa, ci sono le denunce delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori e dei familiari dei ricoverati, indagini della magistratura in corso. Ma non si è squarciato, invece il velo di quanto è successo e forse continua a succedere nelle case, decine di anziani morti tra le mura domestiche che sfuggono anche alle statistiche del Coronavirus perché nessuno gli ha fatto il tampone...

Se manca, come nel nostro Paese manca, la medicina del territorio manca la domiciliarità. I servizi domiciliari sono strettamente socio sanitari, sono quelli che consentono o che dovrebbero consentire di vivere meglio a casa gli anni della fragilità. L’Istat registra che l’Adi, l’assistenza domiciliare integrata, è garantita solo nel 40 percento dei comuni italiani, e là dove esiste la quantità di Adi che viene fornita è ridicola: di servizi sociali sono un paio di ore alla settimana, e quelli sanitari sono praticamente inesistenti se si esclude il medico di base, le case della salute e i poliambulatori specialistici territoriali non sono mai partiti. Insomma manca totalmente la cultura della domiciliarità, da noi esiste solo la cultura del ricovero. Che al di là delle acuzie significa Rsa e si apre un’altra questione, solo il 27 percento delle strutture per anziani è pubblica, tutto il resto è privato. Per quelle strutture il valore di ogni ricoverato sfiora i 3.000 euro al mese, retta per metà a carico dello stato e per il resto a carico delle famiglie per cui l’anziano diventa un business.

La risposta al bisogno di assistenza a domicilio sono le badanti. In questo periodo è emerso che molte delle assistenti domiciliari sono senza contratto e spesso senza permesso di soggiorno. L’Auser è favorevole alla regolarizzazione dei migranti e delle migranti?

È da anni che l’Auser denuncia questo fenomeno di diffusa illegalità e chiede la regolarizzazione. Se leggiamo i dati, tra colf e badanti regolarmente iscritte all’Inps non arriviamo a 600mila persone, ma il Censis ci dice che le assistenti domiciliari, come sarebbe più corretto chiamarle, oscillano tra i 2 e i 3 milioni. Nell’irregolarità c’è tanta roba, un vecchio vizio degli italiani di svalutare il lavoro e pagare meno le persone, i mancanti permessi di soggiorno. E c’è dequalificazione perché non avendo un albo delle badanti noi affidiamo la cura degli anziani e dei non autosufficienti troppo spesso in base al costo, una in regola costa 1.500 al mese, in nero 800. Ma questa è una situazione che conoscono tutti e nessuno interviene con politiche di sostegno economico o di detrazioni fiscali tali che consentano l’assunzione regolare. Anche questa è domiciliarità. Questo sistema assomiglia molto al caporalato in agricoltura.

Parliamo dell’Auser. Due mesi di tutti a casa ma gli anziani hanno avuto ed hanno bisogno di aiuto, dal fare la spesa e compare le medicine, al sentirsi un po’ meno soli. Voi non siete stati a casa...

Abbiamo fermato tutte le attività di promozione sociale, quelle che creano assembramento, le università popolari, il turismo sociale, le feste, ecc. Auser si muove molto per coinvolgere le persone anziane in tanti piccoli interessi, l’importante è farli uscire di casa dando anche a loro la possibilità di avere una vita sociale. Sospeso, ovviamente,  i servizi dinnanzi alle scuole, nei musei e nelle biblioteche. Abbiamo invece mantenuto e incrementato i quelli alla persona, perché occorre ricordare che il 30 percento degli ultra ottantenni italiani vive solo e non ha una rete familiare che lo possa aiutare. In questa fase sono diventati una emergenza nell’emergenza. Innanzitutto è stato attivata un’attività di compagnia telefonica, ogni persona presa in carico riceve due volte a settimana una telefonata e conversa con il nostro volontario e sa che per qualunque necessità può chiamarci. Insomma abbiamo costruito legami di relazione. È continuato il servizio di accompagnamento sociale per dialisi o terapie oncologiche mentre ricominciano in questi giorni quello per le visite specialistiche che stanno riprendendo dopo la sospensione causa emergenza sanitaria. Abbiamo e di molto incrementato consegna a casa di spesa e medicine. Insomma abbiamo affrontato e affrontiamo l’emergenza solitudine, nelle nostre sartorie della solidarietà abbiamo cucito mascherine e le abbiamo consegnate insieme alla spesa, un piccolo gesto ma importante. Voglio dare solo un dato, in questi due mesi abbiamo avuto ogni giorno una media di 15 mila volontari occupati in queste attività. Vorrei però porre l’attenzione su una questione. Finiremo quest’anno dissanguati, noi come le altre associazioni di volontariato, siamo stati completamente abbandonati, tutto quello che siamo riusciti a mettere in campo siamo riusciti a farlo esclusivamente con risorse nostre, anche autotassandoci. Faccio un solo esempio, abbiamo dovuto comprare noi anche i Dispositivi di protezione individuali indispensabili per la sicurezza sia dei volontari che degli anziani dai quali ci rechiamo. Tutte le convenzioni che avevamo sono tutte saltate, ma siamo andati avanti comunque e lo dico con orgoglio.

È cominciata la Fase 2 nel Paese, e quella dell’Auser?

Anche per noi è cominciata, con gradualità riapriamo le sedi per la promozione sociale con piccolissimi numeri in proporzione all’ampiezza dei locali, ovviamente rispettando le disposizioni governative e regionali. Proprio per questo stimiamo che il nostro tesseramento quest’anno avrà una contrazione del 25/30 percento perché coinvolgendo meno persone avremo meno tesserati. Insomma ci rimbocchiamo le maniche e ripartiamo, abbiamo trent’anni di esperienza alle spalle, sappiamo come si fanno le cose, abbiamo 1.546 sedi e le riapriamo. Siamo gente resistente e resisteremo.

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