Presidenzialismo o premierato, bene non si sa. Autonomia differenziata e quindi ulteriore frammentazione della sanità e disgregazione dell’istruzione. Questo sembra essere il programma di riforme del Governo Meloni. Dimentica che, prima di cambiarla la Costituzione andrebbe attuata. E invece, proprio il progetto di autonomia del ministro Calderoli mina l’articolo 5 che recita: “la Repubblica è una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali…”. Una rete ampia di associazione laiche e cattoliche, tra cui la Cgil, si ritrova sabato 27 maggio “per discutere dei temi relativi alla difesa e all’attuazione della Costituzione, a partire dai diritti al lavoro, alla salute e all’istruzione”. 

No autonomia differenziata

Se il progetto Calderoli venisse approvato si scardinerebbe le fondamento dell’impianto della Repubblica. Proprio nei giorni scorsi, Cristian Ferrari, segretario nazionale della Cgil, è stato ascoltato in audizione in Commissione Affari Costituzionali del Senato su quel testo. “Esprimiamo la netta contrarietà ai contenuti del ddl Calderoli, convinti che, in un Paese che soffre di un livello drammatico e crescente di disuguaglianze sociali e di divari territoriali, l’ultima cosa che serve è allargare ulteriormente questi squilibri”. Ha affermato Ferrari facendosi portavoce delle preoccupazioni di quanti paventano un ulteriore frammentazione del Paese.

Salviamo la scuola

Tra le materie che se, malauguratamente, quel progetto venisse approvato c’è l’istruzione: programmi, insegnati, cicli scolastici sarebbero affidati ai territori. Diritto all’istruzione diverso tra territori, contratti diversi, salari diversi? E poi, così andando quale sarebbe il destino del valore legale del titolo di studio? Il dirigente sindacale ha aggiunto: “Immaginare una competenza esclusiva delle Regioni su materie di straordinaria rilevanza nazionale e strategica comporterebbe la rinuncia a un governo nazionale e unitario delle politiche economiche, industriali e di sviluppo. La nostra preoccupazione è che se, come richiesto da Lombardia e Veneto, anche le altre Regioni pretendessero il trasferimento in via esclusiva di tutte le ventitré materie, dell'unità nazionale rimarrebbe ben poco”. “Da queste materie – ha sottolineato il segretario - andrebbe innanzitutto esclusa l’Istruzione. Ci opponiamo fermamente a qualsiasi forma di regionalizzazione della scuola, che infliggerebbe un colpo mortale alla stessa identità culturale del Paese. Così come riteniamo insuscettibili di qualsiasi differenziazione i diritti alla salute e al lavoro, a partire dall’unitarietà della contrattazione collettiva nazionale”.

La sanità già sta male

Stesso ragionamento vale per la sanità. I limita di avere 20 servizi sanitari regionali li abbiamo visti durate la fase più dura della pandemia. Eppure sembra che quella vicenda non abbia insegnato nulla. Calderoli vorrebbe ulteriori competenze alle regioni, sarebbe un disastro. Anche il presidente della Fondazione Gimbe Cartabellotta lo ha ribadito in audizione al Senato: “Il regionalismo differenziato in sanità legittimerà normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute. Peraltro proprio quando il Paese ha sottoscritto con l’Europa il Pnrr, il cui obiettivo trasversale è proprio quello di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali”.

Le preoccupazioni del sindacato

Cristian Ferrari ha aggiunto: “in un tornante storico drammatico, tra pandemia appena conclusa, crisi geopolitica ed energetica, emergenza climatica, in cui nemmeno la dimensione nazionale è sufficiente e servirebbe rilanciare politiche energetiche e industriali europee sul modello ‘Next Generation Eu’, è impensabile decentrare e frammentare politiche energetiche, infrastrutture nazionali, porti e aeroporti, reti di comunicazione, ambiente, trasporti”. “Inoltre – ha aggiunto il segretario - sottolineiamo il ruolo marginale che viene attribuito al Parlamento: sia per la definizione delle intese con le singole Regioni sia per la determinazione dei LEP. Per i Livelli essenziali delle prestazioni, nel provvedimento si fa esplicito riferimento allo status quo e alla spesa storica. In questo modo non si individua l’insieme degli interventi necessari a garantire, in maniera omogenea e uniforme, i diritti sulla base dei bisogni e a prescindere dalla capacità fiscale di un territorio, ma si determinerà una cristallizzazione, se non un incremento, dei divari e delle disuguaglianze in essere”.

Centralismo statale versus centralismo regionale

“Da ultimo, a un presunto centralismo statale si oppone un neocentralismo regionale che marginalizza la vera e più autentica dimensione della prossimità amministrativa rappresentata dagli enti locali. L’obiettivo politico della maggioranza di Governo di arrivare all’attuazione dell’autonomia differenziata, e al contempo di superare la forma di governo parlamentare in favore dell'elezione diretta del Presidente del Consiglio, disegna un modello che peggiora la condizione materiale delle persone, a partire dal riconoscimento dei loro diritti, e promuove una logica individualistica, competitiva e antistorica, fondata su ‘piccole patrie’ e uomini o donne sole al comando, della Regione e dello Stato, che – ha concluso Ferrari - non può che trovare la ferma critica e opposizione della Cgil”.

Insieme per difendere e attuare la Carta

Tante e tanti, occorre la forza la fantasia e la passione a cui richiamava Piero Calamandrei nel discorso ai giovani per dare pieno compimento ai principi e valori che le madri e i padri costituenti 75 anni fa misero a fondamento della Repubblica. E tante saranno le associazioni laiche e cattoliche che dalle 10 si confronteranno “come contrastare le misure che il governo si appresta a varare, a partire da quelle che - se non fermate - sono destinate a scardinare le fondamenta stesse dell’impianto della Repubblica, come l’autonomia differenziata, rilanciata con il ddl Calderoli, e il superamento del modello di Repubblica parlamentare attraverso l’elezione diretta del capo dell’esecutivo che ridurrebbe ulteriormente gli spazi di democrazia, partecipazione e mediazione istituzionale, politica e sociale”. Per la Cgil interverrà il segretario generale Maurizio Landini.

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