Sull’home page del sito del ministero dell’Istruzione si trova la voce “La scuola d’estate”, all’interno della quale nel “Pon - Piano scuola estate” viene articolata la proposta istituzionale indicando come partecipare, quale sia questo piano, quali gli obiettivi, concentrati in particolare verso finalità di tipo sportivo, artistico-ricreativo, o più strettamente didattico. Nella nostra scuola abbiamo provato a raccogliere l’invito, cercando di modularlo in base a quelle che sono le peculiari esigenze, e le possibili disponibilità.

Questo è un primo punto da affrontare più in generale, vale a dire il coinvolgimento dei docenti anche durante il periodo estivo. Pur essendo un’attività retribuita, non sono molti gli insegnanti pronti a partecipare, anche perché, è bene ricordarlo, spesso (ancora troppo spesso) parliamo non di docenti di ruolo ma di precari. E forse anche per questo, negli ultimi giorni le cronache (e vari colleghi) ci hanno raccontato di dirigenti scolastici che in qualche modo provano a imporre la presenza, provocando di conseguenza l’intervento dei sindacati.

Per non arrivare ai ferri corti, altri dirigenti (come la nostra) hanno pensato di ritagliare questo segmento di attività partendo direttamente dai primi giorni di settembre, come percorso di accompagnamento al nuovo anno scolastico, una sorta di cuscinetto in vista del rientro in classe, dato che i progetti possono essere conclusi anche una volta iniziate le lezioni.

Nel frattempo, in questo torrido luglio comunque ci stiamo muovendo, un po’ a modo nostro. C’è per esempio il  progetto Tornasole, che durante tutto l’arco dell’anno scolastico concluso a giugno, di concerto con gli insegnanti ha lavorato nella primaria e secondaria di primo grado in quelle classi definite di confine, vale a dire le prime e quinte elementari e nelle prime medie, concentrandosi dapprima su un lavoro di accoglienza, accompagnando poi alunni e alunne in un passaggio delicato, nell’ingresso in un nuovo ciclo o verso la fine di un altro: in ogni caso parliamo di una crescita, da affrontare insieme attraverso le modalità migliori per conoscersi, o per salutarsi prima di intraprendere un’altra strada.

Esaurito questo impegno, di certo non semplice, l’idea dei responsabili del progetto Tornasole è stata quella di “allungarsi” tenendo da parte un pacchetto di ore, da spendere in estate realizzando negli spazi aperti della scuola alcuni incontri che mantenessero viva la comunicazione, il filo relazionale che si era creato con questi studenti, basandosi su una riflessione guidata e giocata per farli stare insieme, in gruppo, per abituarli al cambiamento che li attende. La risposta è stata positiva, e possiamo affermarlo non soltanto per il numero di partecipanti, ma per la soddisfazione manifestata dalle famiglie, che hanno trovato in questa iniziativa il modo per riempire le calde mattinate dei propri figli in qualcosa di diverso, in qualcosa di utile. Per questo la nostra vicepreside, sempre presente in questi giorni, in maniera lungimirante ha già predisposto una ripresa di questo tipo di attività proprio a ridosso della riapertura delle aule.

Come responsabile della biblioteca scolastica, ho pensato che una proposta simile potesse essere fatta anche da me. Ma ho pensato a quei ragazzi e a quelle ragazze che ci hanno lasciato dopo un percorso triennale (a volte oltre…), e che tra poco più di un mese affronteranno il mare magnum della secondaria di secondo grado, l’orizzonte vago e ancora imperscrutabile delle scuole superiori. Un pensiero ricorrente, dopo tre anni passati insieme.

Così qualche mattina ci siamo visti, e ci vedremo, in quella biblioteca scolastica che non è più loro, ma che a loro continuerà ad appartenere per sempre. Ci vediamo per la colazione, poi spostiamo qualche scaffale, qualche libro, proviamo a capire come possono essere catalogati, immaginiamo di rivederci anche in autunno, magari anche di sabato, per rinfrescare le pareti così da accogliere altri disegni, altre decorazioni, altri studenti, come fosse un passaggio di consegne. E con l’occasione, capire anche da che parte sta andando o potrà andare la loro vita: cercando di continuare, senza Pon e senza Pof, ad essere ancora un punto di riferimento credibile.

Di questo hanno bisogno.