Il 2021 è fuor di dubbio un anno decisivo per il nostro Paese, ma tale affermazione non può rimanere solamente uno slogan e ha invece la forte necessità di essere declinata. Nei prossimi dodici mesi la svolta sarà di carattere sanitario, grazie alla campagna vaccinale, ma non di meno dovrà esserlo in materia di scelte di politica economica anche in relazione all’utilizzo delle risorse del Recovery fund. Sono queste le scelte per le quali il sindacato è chiamato per sua natura a intervenire: “Dobbiamo guardare a questo anno con lo sguardo a oggi, inteso come emergenza che richiede risposte altrettanto emergenziali in tema di tutela e creazione di lavoro – afferma Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della Cgil -,  e insieme avere lo sguardo sui grandi cambiamenti in atto”.

“Il primo grande cambiamento è quello attivato dall’Europa con Next generation Eu, perché il tema che ci pone è quello dello sviluppo che deve essere attuato attraverso investimenti di medio e lungo periodo, e questa dovrebbe essere la ricetta solida. Dobbiamo contrapporre la solidità dello sviluppo legata agli investimenti che creano lavoro al modello di finanziarizzazione dell’economia che ha caratterizzato gli anni che abbiamo alle spalle”. È quindi lo sguardo di lungo periodo la condizione per uno sviluppo che abbia come matrice, tra gli altri elementi, “gli investimenti nelle politiche sociali e verdi, anche in relazione al contrasto alle disuguaglianze”. “L’Europa ci ha dato una mano – prosegue Fracassi -, collocando molte risorse e facendo scelte inedite (vedi i Corona-bond e l’imposizione propria), e questo rimane un elemento molto forte per riposizionare l’Italia e l’Europa tutta in un ambito di filiere anche industriali che sono nuove, parlo di ‘verde’ e digitale che prevedono forte relazioni con le politiche industriali del Vecchio continente".

In questo quadro il tema del lavoro è principe in quanto “tratto e misurabilità delle risorse in campo”. La vicesegretaria generale ricorda i due principali obiettivi del sindacato: la tutela dell’occupazione e la creazione del lavoro. “Sarà importante che più che di incentivi si parli di investimenti pubblici, perché solamente questi creano lavoro, al contrario della decontribuzione. È evidente poi che, al netto delle scelte al centro del dibattito di questi giorni, ci sono alcuni grandi temi che attraverseranno le scelte che si faranno e sto parlando di ricerca, scuola e crescita di competenze, nodi fondamentali per il nostro Paese e per determinare la matrice degli investimenti”.

Fracassi affronta anche il capitolo del debito pubblico, considerando un quadro generale molto legato all’evoluzione della pandemia: “Lo scorso anno abbiamo fatto tanto debito per rispondere a esigenze sanitarie e del lavoro: penso che sul tema sia necessaria una riflessione da fare come Italia, e con noi l’Europa e tutti gli altri continenti, in un contesto nel quale tutti i Paesi si stanno indebitando. Una riflessione che dovrebbe avere lo scopo di garantire competitività uguale di tutti i Paesi anche in vista dei prossimi appuntamenti internazionali”.

Con la pandemia si è posta l’attenzione sull’economia della cura che nel 2021 dovrà necessariamente essere rafforzata, come chiesto più volte dal sindacato al governo affrontando i temi sociali e del welfare. “Per troppo tempo – spiega quindi Fracassi - abbiamo pensato che la risposta ai bisogni primari delle persone non fosse un tema sul quale fare investimenti e creare occupazione, mentre l’altro grande elemento di intervento è proprio il rafforzamento di tutte le infrastrutture sociali,  a partire dalla sanità e dai servizi educativi, primi fra tutti i nidi. Questi sono ambiti d’azione che attraverso gli investimenti consentono di dare un’immediata risposta occupazionale, soprattutto femminile”.

Il sindacato avrà poi il compito di vigilare affinché i diritti dei lavoratori non vengano messi in pericolo da questa nuova crisi e a questo proposito Fracassi ricorda che la condizione attuale dell’occupazione è frutto di scelte e risposte sbagliate a crisi precedenti e la risposta in termini di svalutazione della competitività sul lavoro è quella sbagliata: “Proprio perché stai azzerando un modello devi rimettere in campo un’idea di diritti e tutele sul lavoro, di contrasto alla precarietà. E’ necessario un rafforzamento della qualità oltre che della quantità: mai un lavoro purché sia, soprattutto per i giovani. Grande attenzione dovrà essere messa anche su alcuni strumenti che hanno preso piede soprattutto in questa crisi pandemica. Uno è lo smart working, sul quale “va messa in campo un’idea contrattuale”, un altro è il part time involontario, “una delle grandi zavorre de nostro Paese”, sul quale non dovranno essere messe misure che lo incentivino.

Serve quindi un cambio netto di modello per andare oltre “a quello che ha fatto arretrare il nostro Paese”. Per farlo serve la responsabilità di tutti, a partire dal governo che affrontando una crisi al buio nel mezzo della pandemia non sarebbe certo d’aiuto”. Responsabilità di tutti vuole dire anche coinvolgimento di tutti: “Il punto è uscire dalla crisi e affiancare il miglioramento delle condizioni delle persone e lo si può fare solamente con obbiettivi condivisi. Qui mi riferisco anche al tema del rapporto con mondo del lavoro e organizzazioni sindacali: bisogna dare segno e senso che siamo a un bivio storico e per fare questo chiediamo da tempo un confronto che sia il più largo possibile. Il sistema-Paese che si deve mettere in moto per ricostruire, per mettere in campo l’idea di resistenza ma anche di cambiamento e lo si fa in quadro collettivo. Siamo all’incrocio di una crisi pandemica, una crisi economica e una transizione digitale e lo si attraverserà solamente con la partecipazione dei protagonisti mondo del lavoro che noi rappresentiamo”.